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Ora alternativa alla religione, gli atei chiedono di affidarla ai prof in esubero

L’attività rimane ancora troppo spesso elusa, malgrado Miur e Mef abbiano comunicato ai dirigenti scolastici tutte le modalità per renderla esecutiva. Ora arriva la proposta dello Uaar: si utilizzi il personale soprannumerario, evitando di mortificarlo con inopportune 'riconversioni'

22/08/2012
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La Tecnica della Scuola
Quello dell’attività alternativa all’ora di religione cattolica sta diventando un argomento sempre più dibattuto. Con continui inviti al rispetto di una normativa che in troppe scuole viene ancora elusa, lasciando senza far nulla gli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento cattolico. Sulla questione si è di recente espresso il Miur, che attraverso la circolare ministeriale sull’organico ha ricordato ai dirigenti scolastici “che deve essere assicurato l’insegnamento dell’ora alternativa alla religione cattolica agli alunni interessati, rammentando che è stata diramata una nota (n. 26482 del 7 marzo 2011) che chiarisce i vari aspetti della materia e detta istruzioni per la parte relativa alla materia contrattuale e retributiva”.
E sull’ora alternativa si era espresso, nel 2011, anche il Mef emanando una nota chiarificatrice, la n. 26482, attraverso cui sono state riassunte tutte le figure interne ed esterne all’istituto scolastico cui poter assegnare le attività formative sostitutive.
Nelle ultime ore sullo stesso tema si è voluta esprimere anche lo Uaar, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti. E lo ha fatto scrivendo una lettera al ministro Profumo rammentandogli che il Miur “per ob­bli­ghi con­cor­da­ta­ri spet­ta allo Sta­to isti­tui­re” le attività alternative all’ora di religione”, al fine di non de­ter­mi­nare “al­cu­na for­ma di di­scri­mi­na­zio­ne”.
Lo Uaar si sofferma quindi sul fatto che le cose “pur­trop­po stan­no di­ver­sa­men­te. Stu­den­ti e ge­ni­to­ri ci con­tat­ta­no da ogni par­te d’Ita­lia per­ché si scon­tra­no con le tan­te dif­fi­coltà nel ve­de­re ri­co­no­sciu­to il loro di­rit­to alle at­ti­vità al­ter­na­ti­ve all’Irc. Al­lar­mi sul­le di­scri­mi­na­zio­ni che col­pi­sco­no chi non opta per l’Irc – ricorda l’associazione di atei - sono sta­ti lan­cia­ti ne­gli anni pas­sa­ti an­che dall’Uni­cef e dal Grup­po di La­vo­ro per la Con­ven­zio­ne sui Di­rit­ti dell’In­fan­zia e dell’Ado­le­scen­za”.
Dall’associazione giunge anche una proposta: impiegare nell’attività alternativa “i do­cen­ti che il mi­ni­ste­ro con­si­de­ra in ‘esu­be­ro’: po­treb­be es­se­re as­si­cu­ra­to lo svol­gi­men­to di at­ti­vità al­ter­na­ti­ve qua­li­fi­ca­te in tan­te scuo­le, dan­do così un se­gna­le di at­ten­zio­ne ai di­rit­ti ci­vi­li di tut­ti sen­za mor­ti­fi­ca­re con inop­por­tu­ne ‘ri­conversio­ni’ le spe­ci­fi­che com­pe­ten­ze dei do­cen­ti in que­stio­ne”.
A ben vedere, la normativa vigente (seppure in via marginale) già prevede l’utilizzo dei docenti in soprannumero per questo genere di attività: i docenti in esubero che infatti permangono negli istituti perché non impiegabili altrove (quando tutti i posti disponibili sono già coperti), possono venire impiegati dai loro dirigenti per l’ora alternativa. Solo che non tutte le scuole hanno questa possibilità. E non sempre, anche quando vi sono prof a disposizione, la priorità d’impiego viene data all’ora alternativa all’Irc. Spesso infatti prevalgono attività progettuali di diverso genere. E per questo lo Uaar chiede ora il loro utilizzo sistematico, gestito direttamente dagli Uffici scolastici territoriali.
In caso contrario, laddove la proposta non venga presa in consideraizone, lo Uaar ricorda a Profumo che “oc­cor­rerà in ogni caso che già dal pri­mo gior­no di scuo­la sia pre­sen­te un do­cen­te de­di­ca­to all’at­ti­vità al­ter­na­ti­va, ri­cor­ren­do per tem­po a no­mi­ne di sup­plen­ti an­nua­li dal­le gra­dua­to­rie, come da nor­me vi­gen­ti trop­po spes­so non se­gui­te dai di­ri­gen­ti sco­la­sti­ci”.
Gli atei tornano, infine, su una loro ulteriore richiesta: “isti­tui­re gra­dua­to­rie spe­ci­fi­che per l’at­ti­vità di­dat­ti­ca al­ter­na­ti­va, che sa­reb­be una ul­te­rio­re stra­da da per­cor­re­re per tu­te­la­re dav­ve­ro i di­rit­ti di chi sce­glie di non fre­quen­ta­re l’Irc

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