“Sono particolarmente soddisfatta: per l’Università e la Ricerca è davvero un nuovo inizio”. Così diceva il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini in un comunicato del 15 ottobre. Ma frugando tra le pagine della relazione che accompagna la legge di stabilità, si apprende che il ministero che subirà più tagli sarà proprio il MIUR. Alla faccia del nuovo inizio…
Quanto? – Finora, Renzi e Giannini hanno raccontato che la legge di stabilità sarebbe stata una svolta per l’università: i 500 “super-professori”, i 1000 ricercatori (di tipo B), lo sblocco del turonver per i ricercatori di tipo A (che però potrebbe essere una cattiva notizia: qui spiego perché).
Ma il testo della legge entrato al Senato lo scorso 25 ottobre nasconde un’amara sorpresa: all’art. 33 (riduzioni delle spese e interventi correttivi dei Ministeri e delle società pubbliche), comma 1 si dice infatti: “a decorrere dall’anno 2016, le dotazioni di bilancio in termini di competenza e di cassa relative alle missioni e ai programmi di spesa degli stati di previsione dei Ministeri sono ridotte degli importi indicati nell’elenco n.2, allegato alla presente legge”. Ma se guardiamo l’elenco 2 (vedi qui, pagina 374), nella tabella che riepiloga i sacrifici che toccano ai vari ministeri (vedi immagine), la “medaglia d’oro dei tagli” spetta al MIUR (vedi immagine): -220 milioni nel 2016, -240 nel 2017, -200 nel 2018. Un taglio di 660 milioni in tre anni.
Su cosa? – Come già accennato da Marzio Bartoloni sul Sole24Ore, atenei e centri di ricerca saranno chiamati a risparmiare rispettivamente 20 e 14 milioni di euro all’anno su FFO e FOE (per tre anni) – cui vanno aggiunti 28 milioni di spese di funzionamento del ministero (art. 28). Insomma, dopo una piccola inversione di tendenza nel 2015, il FFO tornerebbe a decrescere, come è tradizione dal 2008 ad oggi. Ma questi menzionati all’articolo 28 sono solo i soldi che, secondo la legge, dovranno essere risparmiati centralizzando gli acquisiti. Ma guardando alla legge, questo taglio sembra solo la punta di un grosso iceberg. La maggior parte del taglio invece è ancora da determinare, e sarà il MIUR a decidere dove puntare le forbici (vedi qui, pag. 365). Fonti vicine al ministero suggeriscono che molti di quei tagli potrebbero riguardare la scuola. L’unica voce di risparmio vincolata per quanto riguarda la missione “istruzione universitaria e formazione post-universitaria” è il programma “diritto allo studio nell’istruzione universitaria”: secondo il testo della legge di stabilità, il MIUR deve tagliare 20 milioni in tre anni, di cui 8 nel 2016, 6 nei due anni successivi (vedi immagine). Una scelta quantomeno bizzarra, considerato che proprio in questi giorni migliaia di studenti stanno protestando per i disagi al diritto allo studio.
Commenti di Ghizzoni (PD) – La deputata Ghizzoni spiega: “anche io mi sono preoccupata vedendo quelle cifre, pertanto ho telefonato al MIUR, che mi ha rassicurata: quei tagli ‘non assegnati’ dovrebbero insistere su un vecchio fondo Gelmini. Insomma, non incideranno sulla carne viva – cosa che invece, purtroppo, potrebbe accadere per i tagli a FFO e FOE di cui all’articolo 28”. Un tema su cui la parlamentare promette battaglia.
E sul diritto allo studio rassicura: “quegli 8 milioni non graveranno sul Fondo Integrativo per il diritto allo studio (FIS – quello erogato per pagare le borse): Ho verificato, e quello rimarrà immutato. Forse potrebbero insistere sulla Fondazione per il Merito istituita dalla legge Gelmini e mai utilizzata”. E, anzi, spiega anche che lei e la capogruppo in Senato, Francesca Puglisi, stanno cercando disperatamente di reperire fondi aggiuntivi. Obiettivo: incrementare il FIS di circa 100 milioni entro i prossimi tre anni, rimpolpando così il magro stanziamento attuale (poco più di 160 milioni): “certamente ne vorrei di più, ma per ora quello è un traguardo realistico”. Un traguardo che però resterebbe ancora “decisamente insufficiente” secondo Campailla (LINK).
Infine, Ghizzoni parla di interventi correttivi: “stiamo anche lavorando a una norma-ponte che permetta di affrontare il problema, molto sentito in questi giorni, degli studenti che hanno perso la borsa a causa del nuovo calcolo dell’ISEE“, precisando però che “il problema non è il nuovo calcolo dell’ISEE, quanto piuttosto il fatto che non siano state rimodulate le soglie”.