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Ògne scarrafóne è bbèllo ‘a màmma sóia.

di Claudia Pepe

22/05/2014
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l'Unità

Me lo immagino. Il solito studente quello di solito seduto in fondo ben nascosto dalle teste degli altri, che maneggia qualcosa mentre l’insegnante spiega. L’insegnante lo guarda una, due, tre volte e, alla quarta certo della sua intuizione, si avvia a scoprire su quale gioco di Internet stia perdendo tutta la sua lezione. Arriva e vede il telefonino che emana calore umano, l’occhio stralunato del giovane adolescente in tour turistico di ormoni, e gli prende l’oggetto del desiderio. Ora è nelle sue mani. A quel punto l’insegnante volge lo sguardo, e lì, il viso gli rimane in semiparalisi. Non c’è nessun cartone animato, nessun giochetto, nessun messaggino con la fiamma del cuore. Davanti ai suoi occhi, sfilano foto hard di giovani ragazze che farebbero arrapare anche il promotore del pompetta day, l’ottantacinquenne con la prostata e il nonno che le uniche parole che dice sono :”Non ci sono più le stagioni di una volta”. Gli ormoni viaggiano in quella classe , si sentono e si possono contare come le parole e le urla del professore che sequestra il telefonino e lancia l’anatema:”Lo riavrai, solo se viene uno dei tuoi genitori a prenderlo”. Qualsiasi ragazzo e ragazza, e questo lo dico per certo dato che mi è capitato qualche volta, si dispera, si giustifica:”Ma io non l’ho fatto apposta, mi si è aperto da solo le giuro Professore, è di mio fratello e stavo pensando a quanto idiota è…..ecc…No, niente, questo ragazzo, tranquillo, tranquillo va a casa e a scuola arriva la madre ma non da sola e né con il marito. Arriva accompagnata da un avvocato, il quale accusa il professore di furto. Il professore sbigottito dopo aver maledetto il giorno che si aveva sognato di fare l’insegnante, quello che vuole cambiare il mondo, cerca di reagire ma si sente anche preso per i fondelli dalla madre di tale figlio.”Ma dove le foto hard?, ma non vede che hanno il perizoma queste donne, insomma in che mondo vive????”. Episodi del genere sono in continuo aumento ed è per questo, che quando mi sento chiamata eroe da qualche politico, io mi infurio.  Io non voglio far l’eroina e non voglio difendermi da madri che farebbero bene a frequentare un corso di recupero, una comunità educante, un corso accelerato per vivere e non far male a nessuno. Ma chi legifera, chi decide delle nostre sorti annuali o per la vita, chi decide di mandar avanti una baracca che fa acqua da parte da tutte le parti, ha mai messo piede in una scuola,magari non nel giorno stabilito e con tanto di banda ad aspettarlo per vedere come siamo messi alla gogna da persone che sono istruite dalla televisione? La scuola è questo e anche molto peggio. Siamo arrivati alla vetta del menefreghismo, dell’irresponsabilità del “I don’t care”, siamo presi come cavie per test che invalidano e rendono disuguali gli allievi nella scuola italiana che si vanta di essere inclusiva. La scuola italiana è inclusiva solo quando ci catalogano nelle persone che non contano nulla, quando ci mettono a posto con una parola, quando accettiamo tutto anche il nulla a cui siamo abituati. Ormai siamo addestrati a prendere spallate a sentirci poveri rimbambiti e rimanere zitti. Si, è vero, in questo siamo campioni, campioni di troppo senso del dovere, di rispetto, di civiltà, di professionalità, al contrario di chi ci governa che si accorge di noi quando c’è da incassare voti buoni per rimanere a troneggiare impartendo ordini ai sudditi incapaci di rialzare la testa. Domenica si vota e noi insegnanti conosciamo e sappiamo leggere benissimo leggi, decreti, norme, circolari, promesse e illusioni vendute al suono dell’inno europeo. Non per passione ma per essere pronti a giustificare la nostra esistenza. Ma domenica dentro quella cabina ci ricorderemo tutto quello che abbiamo subito e subiscono gli insegnanti italiani, i precari da più di vent’anni, gli insegnanti che non vengono pagati da mesi, i giovani, i quota 96, gli Ata, le segreterie, i ragazzi con disabilità e i ragazzi che vivono tutto ciò in nome della politica. Ci ricorderemo le nostre scuole senza briciole di soldi mangiati certo da chi dispone e non propone, scuole che per andare avanti sono sponsorizzate dalle care Banche che ci fanno l’elemosina e che tra poco vedremo come rappresentante nel Consiglio d’Istituto alle nostre veci. “La scuola consegue tanto meglio il proprio scopo quanto più pone l’individuo in condizione di fare a meno di essa”, diceva Ernesto Codignola, in John Dewey, Scuola e società, ma di questo passo le scuole se non crollano prima, rimarranno gli ultimi segni di civiltà e di esistenza della specie, in un futuro in cui i secoli saranno chiamati :”Dopo la distruzione della Scuola Italiana”.


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