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Ocse: per gli insegnanti italiani stipendi in calo: -1%. Per i paesi dell'area +7%

Italia fanalino di coda per la spesa nella scuola

13/09/2011
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Corriere della sera

MILANO - Italia fanalino di coda per la spesa nella scuola, gli stipendi degli insegnanti e il numero di laureati, ma ai primi posti per le ore passate sui banchi e anche per le ridotte dimensioni delle classi, per lo meno sulla base del rapporto allievi/insegnanti. È la fotografia fatta dall'Ocse nello studio sul sistema scolastico dei principali Paesi che l'organizzazione stila annualmente. Gli stipendi di prof e maestri italiani sono notoriamente tra i più bassi d'Europa. Ma il guaio è che la situazione non accenna a migliorare. Anzi. Mentre gli stipendi dei colleghi degli altri paesi aumentano, quelli degli insegnanti del Belpaese diminuiscono. Dal 2000 al 2009 - rileva il rapporto sull'educazione diffuso dall'Ocse - gli stipendi nella scuola italiana sono diminuiti dell'1%, mentre nel resto dei paesi Ocse hanno registrato aumenti medi del 7%. Non solo. Un insegnante della scuola media nel Belpaese deve attendere 35 anni di servizio per ottenere il massimo salariale, quando la media Ocse ne prevede invece 24. E comunque, in generale, i docenti italiani guadagnano il 40% in meno rispetto ad altri connazionali con lo stesso grado di istruzione.
GLI STIPENDI - Un maestro alle prime armi guadagna poco più di 25mila dollari l'anno, quando la media Ocse si attesta sui 26.512 dollari. A fine carriera guadagnerà 37mila dollari (42.784 media Ocse). Ammontano a 27.358 dollari invece gli stipendi annuali dei prof delle scuole medie (28.262 media Ocse) e superiori (29.472). A fine servizio questi docenti possono aspirare al massimo a 41.040 dollari l'anno o a 42.908 dollari a seconda che insegnino alle medie o alle superiori. Una cifra decisamente inferiore alla media Ocse, che rispettivamente si attesta a 45.664 e 47.740 dollari. I docenti però continuano a essere tanti: in Italia c'è un insegnante ogni 11 alunni, il rapporto medio dei Paesi Ocse è 1 a 16.
LA SPESA - Quanto alla spesa destinata all'istruzione, nel 2008 in Italia era pari al 4,8% del Pil: 1,3 punti percentuali sotto la media Ocse (6,1%). Un dato che posiziona il nostro Paese al 29esimo posto sui 34 Paesi che aderiscono all'Organizzazione. Tra l'altro, solo l'8,6% della spesa totale in istituti di istruzione è stata fornita da fonti private, la metà rispetto alla media Ocse. Tra il 2000 e il 2008, la spesa nella Penisola per la scuola primaria, secondaria e post-secondaria non universitaria è aumentata solo del 6% contro la media Ocse del 34%, facendo segnare il penultimo incremento tra i paesi avanzati.
IN CATTEDRA - Il numero di giorni di istruzione (172) è tuttavia inferiore alla media Ocse (185), così come le ore di insegnamento (757 contro 779 alle elementari e 619 alle medie contro 701). Al tempo stesso con un totale di 8.316 di ore di istruzione previste per il ciclo dell'obbligo l'Italia è al primo posto contro una media Ocse attorno a 6.800 ore. Inoltre le classi in proporzione al numero di insegnanti sono piccole (10,7 alunni per maestro contro 16 alla scuola primaria e 11 studenti per prof contro 13,5 alle medie).
POCHI LAUREATI - L'Ocse sottolinea anche che la Penisola è uno dei rari Paesi a non richiedere ispezioni nelle scuole o auto-valutazioni (solo Messico, Grecia e Lussemburgo fanno altrettanto) e quindi ha meno meccanismi per assicurare la qualità degli istituti, i punti di forza e di debolezza. Il rapporto evidenzia anche la scarsità di laureati: sono il 14% della popolazione adulta (solo Turchia e Brasile ne hanno meno) e il 20% della fascia di età 25-34 anni contro 37% della media Ocse (il che relega l'Italia al 34esimo posto su un totale di 37 Paesi considerati). Il loro tasso di occupazione è del 79% contro l'84% Ocse, ma è di 28 punti più alto rispetto a chi non ha concluso gli studi
superiori. Nel corso della sua vita, inoltre, un laureato in Italia può guadagnare oltre 300mila dollari in più rispetto a un diplomato (contro la media Ocse di 175mila dollari), uno dei livelli massimi dell'Ocse (va meglio solo a portoghesi e americani). La laurea insomma «paga» in Italia. Basta non essere donne, perchè in questo caso, nella Penisola come in Brasile, le laureate guadagnano solo il 65%, se non meno, dello stipendio dei colleghi.

 


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