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Obiettivo modello francese: nido per il 50% dei bambini entro i prossimi 5 anni

Come il congedo di paternità delle prime edizioni, così l’aumento dei posti all’asilo è il traguardo che il Tempo delle Donne 2020 propone alle istituzioni. Cominciando da una quota del 33% in tutte le Regioni

09/09/2020
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Corriere della sera

Rita QUerzè

Vogliamo davvero un’Italia dove fare il secondo figlio non sia un lusso? Dove le donne lavorino fuori casa senza soccombere sotto il peso del doppio fardello famiglia-ufficio? E soprattutto: vogliamo sul serio dare le migliori opportunità di crescita ai nostri figli? Se la risposta è «sì», allora c’è un intervento necessario sopra a tutti gli altri, la madre di tutte le riforme quando si parla di conciliazione famiglia-lavoro e sviluppo del Paese. Parliamo di un drastico incremento dei posti al nido e, nello stesso tempo, della riduzione dei costi delle rette. Con un obiettivo: allineare i nidi alla copertura e ai costi della scuola dell’infanzia.

Oggi solo un bambino su quattro in Italia può contare su un posto al nido. L’obiettivo fissato dall’Europa per il 2010 — dieci anni fa — era del 33%. Partirà da qui sabato prossimo, a Milano, alle 15, in Triennale il confronto con l’economista Carlo Cottarelli, il demografo e co-coordinatore dell’Alleanza per l’infanzia Alessandro Rosina e il direttore dell’area educativa dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, Aldo Fortunati. Al linguaggio della ragione affiancheremo quello dell’arte coin-volgendo l’autore e attore Andrea Pennacchi e la regista di Miss Marx, film in concorso al festival del cinema di Venezia, Susanna Nicchiarelli. L’evento potrà essere seguito in diretta su Corriere.it, www.iltempodelledonne.it e i rispettivi canali social .

L’obiettivo è condividere idee e visioni. Per sostenere interventi da promuovere subito, a partire da legge di Bilancio e proposte per l’utilizzo dei fondi europei (se non ora quando? Il Recovery fund - Next generation Eu ha un nome che è già un programma).

Il piano potrebbe essere articolato in tre tappe. La prima: allineamento immediato al target del 33% in tutte le Regioni. La seconda: nel giro di cinque anni raddoppiare i posti al nido, arrivando a un tasso di copertura al 50% (oggi siamo al 25). La terza: a regime, tra dieci anni, soddisfare il 100% della domanda. Il tutto a costi allineati a quelli della scuola dell’infanzia.

L’evento in Triennale

Ne discutiamo con Cottarelli, Rosina, Fortunati, Pennacchi

e Nicchiarelli

«La Svezia spende 14 mila dollari per ogni bambino tra zero e due anni, la Francia 7, la Germania 3,6, l’Italia 1,2. Siamo al penultimo posto nell’area euro per percentuale di bambini nei nidi. In compenso abbiamo fatto Quota 100», ha scritto di recente Carlo Cottarelli su Twitter, non senza un pizzico di polemica. Come dire: non è vero che le risorse non ci sono, semplicemente dobbiamo decidere quale è il modo migliore di spenderle. Certo, il Recovery fund potrebbe essere utilizzato per la creazione di nuove strutture ma non per la spesa corrente legata alla loro gestione anno per anno... «Non è detto — osserva Cottarelli —. Di fronte a un piano bene articolato non è escluso che l’Europa acconsenta a sostenere anche la fase iniziale del rilancio dei servizio 0-2 anni».

Ma arrivare a una copertura del 50% a bassi costi in cinque anni è un obiettivo alla portata? Meglio puntare al 60% come indicato per esempio dal piano Colao, ma senza abbassare il costo del servizio? «È fondamentale che la retta del nido sia allineata a quella della materna», sottolinea Aldo Fortunati, direttore dell’area educativa dell’Istituto degli Innocenti di Firenze. «Ha sicuramente senso allinearci al tasso del 50% raggiunto dai Paesi europei che attuano le politiche più avanzate come la Francia», risponde Alessandro Rosina, demografo e co-coordinatore dell’Alleanza per l’infanzia. «Attenzione — aggiunge Rosina — qui non si tratta di spingere le famiglie a scegliere il nido, ciascuno deve fare la scelta più consona alle proprie esigenze, il problema è proprio che oggi la libertà di scelta non esiste perché manca un’adeguata copertura del servizio».

A offrire spunti «operativi» su come ci si potrebbero aumentare in tempi rapidi i posti nei nidi è Fortunati: «A causa della denatalità in dieci anni in Italia hanno chiuso 900 scuole dell’infanzia. Oltre 2.500 sezioni sono venute a mancare solo negli ultimi cinque anni. E non è finita qui. Altri 131 mila bambini verranno meno sempre nelle scuole dell’infanzia nei prossimi cinque anni. Questi posti possono essere riconvertiti in posti-nido, migliorando l’integrazione dei due segmenti che compongono l’offerta 0-6 anni — propone Fortunati —. In questo modo passare rapidamente da 300 a 500 mila bambini nei nidi non è un obiettivo impossibile».

Sostenibilità

Un piano in tre punti cominciando dall’investire i soldi del Recovery fund

Si potrebbe dire: ora che il governo sta per varare l’assegno unico e universale per i figli (si parla di inizio anno) che bisogno c’è di investire anche sui nidi? In realtà proprio l’arrivo dell’assegno unico rende cruciale l’allargamento dei servizi. I nuovi benefici potrebbero spingere le lavoratrici autonome con i redditi più bassi a rinunciare al lavoro proprio perché il posto al nido è introvabile o troppo costoso. Per finire, non c’è incentivo all’occupazione femminile che regga la prova dei fatti se le famiglie non potranno contare su servizi di qualità. E a buon mercato.


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