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Nuova Ferrara-Moratti, la scuola col "meno"

Moratti, la scuola col "meno" Un altro anno di incertezze e a rischio decadimento Roberto Polastri Responsabile Scuola Cultura Formazione Federazione DS Ferrara Si apre un nuovo anno scola...

09/09/2002
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Nuova Ferrara

Moratti, la scuola col "meno"
Un altro anno di incertezze e a rischio decadimento

Roberto Polastri Responsabile Scuola Cultura Formazione Federazione DS Ferrara

Si apre un nuovo anno scolastico, il secondo dell'era Moratti, gonfio di incertezze e di rischio di decadimento per la qualità della scuola pubblica.
Il governo di centro destra persegue con determinazione la linea dello scontro sulla scuola, che è scontro tra idee profondamente diverse di società e di futuro. Letizia Moratti parte da un'analisi ingenerosa del sistema: "Non è competitivo - sostiene - ci sono troppo insegnanti e hanno una mentalità impiegatizia". Certo, Moratti tocca un nervo scoperto quando dice "La scuola italiana serve ai più bravi".
Ma la sua sbrigativa analisi e la sua altrettanto sbrigativa "ricetta" rappresentano un inaccettabile ritorno al passato. La scuola pubblica, statale - dice - ha fallito, non è in grado di fare formazione, affidiamo la formazione a chi la sa fare: la famiglia da un lato, il privato sociale dall'altra. Bocconi da una parte, San Patrignano dall'altra, in mezzo a deperire la scuola di tutti. Privilegi per alcuni, tutele e contenimento per i più deboli: una qualifica professionale, ma limitata a una specifica e singola mansione professionale, proprio oggi che ogni lavoro richiede maggiore sapere e ampiezza di preparazione; il sette in condotta; l'abolizione del valore legale del titolo di studio.
Nemmeno il modello della competitività sociale - "vinca il più forte" - ma il modello del privilegio e della sopraffazione sociale: "Il più forte vince: chi ha più soldi e potere paga per avere in futuro più soldi e più potere. Ma non ha aspettato l'approvazione della legge delega la Moratti per avviare il suo programma di destrutturazione del sistema pubblico, di mano tesa alla scuola privata, di riproposizione non della scuola del ministero ma della scuola del ministro, di riduzione del ruolo degli enti locali nel governo del sistema.
Allora, riconoscimento di punteggio per gli insegnanti della scuola privata, esami di stato con commissioni tutte interne, immissione in ruolo per gli insegnanti di religione, tagli agli investimenti in finanziaria, riduzione degli insegnanti e conseguente riduzione di tempo pieno e tempo prolungato, classi affollate senza garanzia per i portatori di handicap, attacco all'autonomia come possibilità per la "scuola di tutti" di articolare e arricchire i percorsi, di rispondere al disagio e all'eccellenza, di occuparsi di recupero, di educazione degli adulti e così via.
È una scuola "meno" quella della Moratti, meno istruzione, meno cultura, meno obbligo scolastico, meno partecipazione, meno autonomia, meno collegialità. Proprio oggi che serve che tutti siano più ricchi di sapere, di cultura, di istruzione. Per essere più forti, per rendere il Paese più forte.
Una scuola a due velocità sin dal primo ciclo; una canalizzazione precoce (a dodici anni e mezzo) in percorsi separati e gerarchicamente organizzati: l'istruzione da un lato, la formazione professionale dall'altro. Una scuola che si limita a rilevare differenze e squilibri sociali e anzi li rende principi regolativi della sua fisionomia e della sua funzione; chi può, chi vuole e chi sa si pagherà una formazione di eccellenza.
Il progetto di Moratti non è solo iniquo: non funziona e la storia di altri paesi sta a dimostrarlo. Con le scuole "separate" di Moratti non c'è linfa per la democrazia, perché consapevolmente si rinuncia a costruire un luogo plurale e pubblico, comune di formazione delle nuove generazioni. Un luogo di formazione alla cittadinanza, dove nell'incontro tra storie diverse, culture diverse, religioni diverse si impari a condividere il patrimonio di sapere e conoscenza, che fa l'identità di un paese, ne costruisce storia e cultura, premessa e condizione per la costruzione di una comune etica pubblica.
Ma la scuola è più avanti rispetto alle idee, che sostengono l'iniziativa legislativa che la vuole modificare. Per i processi che l'attraversano e che l'hanno attraversata. Per le domande inedite, nuove e difficili a cui ha dovuto rispondere nella quotidianità, spesso in solitudine.
Non si torna indietro rispetto alla capacità progettuale della scuola, rispetto ai mille fili che si chiamano ricerca e rinnovazione già attuata e sperimentata. Ma una sfida culturale che ha per tema l'idea della democrazia, l'idea dello sviluppo del paese la scuola non può affrontarla, nè vincerla da sola.
Non si tratta solo di una battaglia per la difesa dalla scuola pubblica; si tratta di difendere, valorizzare il luogo pubblico e laico dove si trasmettono e si costruiscono la fisionomia e l'identità culturale del paese, dove si avviano percorsi di vita e di futuro delle nuove generazioni. È a loro che dobbiamo quest'impegno e questa battaglia.
A loro, nonostante la Moratti, auguriamo un buon anno scolastico.


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