Non si taglia così lo statale. Migliaia in piazza a Roma
Lo sciopero della Pubblica amministrazione indetto da Cgil e Uil riempie le vie del centro ● La richiesta al governo di una svolta di politica economica.Camusso: con i licenziamenti non si crea occupazione. Angeletti: mi dispiace che la Cisl non ci sia, ma su questo non siamo d’accordo
Luciana Cimino
«Questo Paese cambia perché lo cambiano i lavoratori», l’ultima frase dal palco del segretario generale della Cgil Susanna Camusso, è accolta con un boato dai manifestanti. Medici, poliziotti, impiegati degli enti locali, vigili del fuoco con la maglietta amaranto, esodati con le magliette bianche, pensionati, militari sotto i loro striscioni, tutti quanti lavorano o lavoravano nella pubblica amministrazione a rivendicare anzitutto con fierezza il valore del primo aggettivo che li contraddistingue, «pubblico» appunto.
NIENTE RIPRESA SOLO CON I TAGLI Sono lavoratori che si occupano della salute, dei servizi, della sicurezza del Paese e con lo sciopero di ieri non volevano soloopporsi alle scelte del governo Monti, ai tagli della spending review, ma anche «rilanciare una idea di riorganizzazione e valorizzazione del lavoro pubblico in risposta agli effetti devastanti della crisi». Il corteo organizzato dalle sigle di categoria di Cgil e Uil (Fp-Cgl, Flc-Cgil, Uil-Fpl, Uil-Pa e Uil-Rua) parte alle 9.30 da piazza della Repubblica. Man mano che si snoda per la città, fino a giungere in una piazza Santi Apostoli troppa piccola per tutti, i manifestanti arrivano a 30mila e più. «Basta colpire i più deboli, abbiamo già dato», dice uno degli striscioni di apertura. E il concetto principale, «abbiamo già dato» viene ripetuto a oltranza, diventa una sigla, «Agd», ostentata ovunque: sulle magliette, sui cartelloni, sulle bandiere. Sono angosciati da quella parte della spending review che prevede la riduzione del personale statale. «Siamo esausti – dice Beatrice, dipendente statale in Lombardia – ci hanno tolto la possibilità di andare in pensione, ci hanno abbassato lo stipendio, hanno peggiorato le nostre condizioni di lavoro». Con altri colleghi sono partiti a mezzanotte, «sette ore di viaggio per venire a protestare, per chiedere cosa devono tagliare ancora? Partissero dai loro emolumenti». E Giada, specializzanda in medicina, «stanno privatizzando tutto, cancellano servizi per appaltare ai privati, così lo Stato si deresponsabilizza e il lavoratore viene umiliato». «Ma basta tagli – si surriscalda Giorgio, vigile del fuoco Cosa spera di ottenere il governo? Con la riduzione dei servizi i primi a pagare saranno i cittadini, mentre distruggono l’occupazione». Mentre Gianfranco della Silp Cgil (il sindacato di polizia), spiega: «Con la sicurezza c’hanno vinto le elezioni, si dice spesso che non abbiamo i soldi per le volanti, è vero, ma la verità è che ci hanno massacrato, guadagniamo pochissimo, non c’è possibilità di turn over, ci penalizzano sulle pensioni, con questi tagli lineari perdiamo il controllo del territorio, dovrebbero pensare piuttosto a una “sicurezza diffusa”».
PROTESTA LA SCUOLA Sfilano anche gli studenti medi e universitari sotto le sigle dell’Uds e di Link, contro l’aumento delle tasse universitarie e i tagli al diritto allo studio che «disegnano una formazione classista, solo per i ricchi». Nel pomeriggio arriva l’appoggio allo sciopero da parte di Di Pietro, Vendola, Ferrero. Con Stefano Fassina, responsabile economia del Pd che dice «le domande delle mobilitazioni di oggi non sono domande di conservazione corporativa ma di innovazione e di valorizzazione del lavoro pubblico, dopo le finte riforme e le mortificazioni e degli ultimi anni. Il governo ascolti i sindacati». «Tutte queste persone, nonostante la pioggia, sono la migliore risposta che le lavoratrici e i lavoratori dei servizi pubblici potessero dare al governo» commentano congiuntamente Rossana Dettori, Domenico Pantaleo, Giovanni Torluccio, Benedetto Attili e Alberto Civica (rispettivamente segretari generali di Fp-Cgil, Flc-Cgil, UilFpl, Uil-pa e Uil-Rua). Mentre Luigi Angeletti, leader della Uil, dal palco incalza: «Alla faccia dei fannulloni, concetto frutto di una campagna politica e mediatica, oggi la nostra sfida è restituire dignità e rispetto al lavoro pubblico».
LA CISL, GRANDE ASSENTE Alla Cisl, grande assente, i manifestanti riservano qualche fischio. «Siamo rammaricati che non ci sia – dice Angeletti – ma in questo caso abbiamo opinioni diverse». E Susanna Camusso aggiunge «c’è chi pensa che bastano delle rassicurazioni, cancellate già dalla stessa legge, per dire che si risolvono i problemi. Noi pensiamo che un grande sindacato confederale una cosa non può mai fare: quella di nascondere ai lavoratori le difficoltà che ci sono e non offrirgli una prospettiva di cambiamento». Raffaele Bonanni, risponde a distanza, spiegando di non aver «ritenuto opportuno rinunciare a un giorno di lavoro con buste paga così leggere». Poi camusso avvisail ministro Patroni Griffi (che in mattinata aveva fatto riferimento in una dichiarazione al tavolo con i sindacati): «Noi non scappiamo mai». «Il tavolo lo ha abbandonato lui dopo aver cancellato l’accordo ma noi ci saremo per dire che si può fare una riforma diversa della Pubblica amministrazione». Poi Camusso parla del lavoro come ricetta per uscire dalla crisi, di cittadini che «passano dalla certezza dei servizi della Pa a pietirli con il cappello in mano», di un Paese che non si riqualifica tagliando i salari. Forte applauso dei manifestanti quando il segretario della Cgil chiede: «Per una volta tagliate le vostre retribuzioni, invece di quelle dei lavoratori». E conclude «noi non daremo mai l’impressione di essere rassegnati».