Non si boccia un bambino di sei anni
Giuseppe Caliceti
Bocciati due volte. A sei anni. È accaduto a Pontremoli, in Toscana ed è una vicenda incredibile che sta suscitando accese polemiche. I genitori hanno protestato per quella decisione durissima.Il ministero ha invitato i docenti a ripensarci. Il consiglio di classe si è riunito di nuovo. Niente da fare: ancora bocciati. Ricordate quando l'ex Ministro Maria Stella Gelmini era felice perché i bocciati aumentavano? È il clima di oggi. Fomentato da continui richiami al merito, all'individualismo, al classismo. Più c'è severità, più la scuola sarebbe di qualità. È così? No. Non c'è niente di più triste che degli adulti possano fare a un bambino di sei anni che bocciarlo. Soprattutto che possano farlo all'inizio di un processo di apprendimento. È come sparare sulla Croce Rossa. Dichiarare il proprio fallimento di adulti e di istituzione scolastica primaria. Occorre essere chiari: o al centro della valutazione sta il programma o l’alunno, con le sue individuali capacità, i sui individuali tempi e modi di apprendimento, la sua storia individuale. E bocciare a sei anni significa mortificare gli sforzi fatti e veramente conosciuti solo dagli alunni e pregiudicare il loro atteggiamento nei confronti delle proprie capacità e possibilità. È un atto di frustrazione docente e di assoluta mancanza di responsabilità istituzionale. È il risultato di errate e miopi politiche scolastiche che stanno cambiano il Dna della nostra scuola. Dove ai docenti si chiede più di misurare che di insegnare vedi le prove Invalsi e il ritorno ai voti in decimali. Eppure oggi, anche a scuola, c'è chi, con disinvoltura, scambia diritti e giustizia per lassismo. E ritiene addirittura che bocciare un seienne sia un atto di coraggio. Chi sono poi questi piccoli smidollati che meritano di ripetere l’anno? Guardiamoli: sono tre stranieri e due italiani, di cui un disabile. Perché si boccia sempre con più disinvoltura i figli di stranieri, anche se nati in Italia, dei figli degli italiani? E cosa significa bocciare un bambino disabile? Non aveva forse un piano di lavoro individualizzato? O il docente ha sbagliato a farlo? E come si può affermare, come fa il dirigente scolastico di Pontremoli, che non abbia influito su queste bocciature l’inserimento di questi studenti in classi di quasi 30 alunni? In un istituto comprensivo a Reggio Emilia, la zona dove insegno, ci sono tra gli altri due bambini disabili. Uno, straniero, con una famiglia «balorda» alle spalle, è inserito in una classe di 26 bambini. Il secondo, in una classe di 20. Un caso? No, perché c'è una legge che prevede che, se in classe c'è un disabile, non si possano avere più di 20 alunni. Eppure se la famiglia interessata non conosce la norma e non minaccia il dirigente di rivolgersi agli avvocati, essa viene spesso disattesa. Dalla scuola pubblica siamo già passati alla scuola privata familiare? Insomma, invece di parlare continuamente solo di merito e poi arrivare a bocciare bambini di sei anni stranieri e disabili dovremmo occuparci di altro. Siamo sicuri, infatti, che la nostra scuola pubblica oggi sia veramente equa? Dia cioè veramente pari opportunità ai diversi bambini in egual misura? E soprattutto: siamo sicuri che sia davvero la scuola di cui parla la nostra Costituzione? I casi come quello di Pontremoli ci dicono che non è affatto così.