Non c'è più tempo da perdere
Alba Sasso
Oggi è un giorno nuovo per la scuola. Perché, ieri mattina, un assai contento presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla conferenza stampa di fine anno ha annunciato due novità di rilievo
Lo spacchettamento del Miur, il governo della scuola da una parte e quello dell’Università dall’altra, come più volte in passato, e la nomina di due nuovi ministri. Ministra dell’Istruzione sarà Lucia Azzolina, oggi sottosegretaria alla Pubblica Istruzione, mentre Gaetano Manfredi, rettore dell’Università di Napoli, sarà il nuovo Ministro dell’Università e della Ricerca. Due Ministri e due Ministeri. Conte si è dichiarato , ovviamente, molto convinto dello spacchettamento. Rivendica tra i suoi meriti l’Agenzia nazionale delle ricerche e promette persino di aumentare i fondi per il diritto allo studio. «Sono orgoglioso – conclude – di aver non solo raggiunto gli obiettivi prefissati, ma di essere anche andati oltre».
Il nuovo Ministro dell’Università dichiara, nella migliore delle tradizioni, che «servono più fondi; conosciamo bene la situazione difficile della finanza pubblica, ma università e ricerca non possono essere la Cenerentola del paese». Dunque tutti contenti.
Non possiamo però dimenticare che il dibattito che si è sviluppato, nei giorni passati, dopo le dimissioni del Ministro Fioramonti ha avuto il merito di porre all’attenzione del Paese il tema degli investimenti verso l’intero comparto del sapere, penalizzato e spesso paralizzato da una pesante riduzione di fondi. Tagli costanti ripetuti negli anni, a partire dal «massacro» compiuto dalla Gelmini: 8 miliardi in tre anni alla scuola e quasi un miliardo e mezzo all’Università. Emergenze per scuola e Università, ma anche per il Paese. E insieme è tornato e con forza in discussione il tema del sapere e del suo rapporto con la crescita dei singoli e del Paese, nei social e non solo.
Un sasso nello stagno di una discussione spesso poco accorta ai problemi veri dell’intero comparto del sapere, una denuncia del fatto che questo nostro Paese, in fondo in fondo, non ha capito o non vuole capire, una cosa che altri Paesi sanno benissimo, che una scuola e un’Università di qualità, – per le quali si deve «spendere» – non sono un lusso, ma una necessità indifferibile. Quella di formare persone, che con le loro competenze possano ‘prendersi cura’ di questo Paese, del suo sistema produttivo, delle sue possibilità di crescita. Che una Università di qualità che garantisca a tutte e tutti il diritto al sapere, è premessa e condizione per un Paese moderno e avanzato.
E che dividere il sistema scuola con il regionalismo differenziato significa «destrutturare il sistema nazionale dell’istruzione», frammentando la scuola e contribuendo per questa via a spezzare l’unità culturale del Paese.
Per queste ragioni resta una priorità investire massicciamente nell’intero settore, perché parliamo di temi decisivi per lo sviluppo e la qualità del sistema, a partire dalla necessità di combattere fin dai primi anni di scuola la dispersione scolastica. Territorio nel quale, nonostante tantissimi sforzi, si continuano a perdere intelligenze e potenzialità delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi. Soprattutto nelle regioni che ne avrebbero più bisogno.
E poi certo l’elenco delle questioni è lungo, ma una cosa è certa e imprescindibile: non possiamo permetterci di perdere intelligenze e potenzialità del nostro invecchiato Paese. Altrimenti resteremo sempre, e quella è la strada che continuiamo a percorrere, un paese subalterno rispetto alle economie di altri paesi europei.
E allora ripetiamolo anche ai nuovi Ministri. Servono investimenti consistenti, utili: avere il coraggio di garantire il diritto allo studio in primo luogo, ad ogni livello del percorso scolastico e universitario. Perché in questo pianeta scuola e Università ricco di potenzialità, ma povero di risorse e anche di attenzione da parte dei governi tutti che si sono succeduti in questi anni, non ci si può più limitare a gestire l’esistente. Perciò è necessaria una grande discussione soprattutto per capire quale debba essere la direzione verso la quale muoversi, di quali riforme, di quale cultura e, di quale complessivo progetto di cambiamento hanno bisogno la scuola e l’Università del nostro tempo. E su questi temi non facili dovrà misurarsi il nuovo «governo del sistema», confrontandosi magari con il mondo della scuola e dell’Università e le loro rappresentanze sindacali e professionali.
Come dire? Davvero non c’è più tempo da perdere.