«No alle grandi riforme Interventi per la sicurezza da un miliardo di euro»
Il ministro Giannini: pronti ad agire
Ministro Stefania Giannini, lei guida di fatto tre dicasteri: Istruzione, Università, Ricerca. Provi a sintetizzare il suo piano d’azione.
«È ovviamente difficile, si parla di un universo sterminato, dalla scuola dell’infanzia alla ricerca post universitaria. Prima di tutto semplificazione degli aspetti procedurali che spesso sono ostacolo e non strumento. E poi massima concentrazione sui risultati, mettendo da parte l’ossessivo accanimento sulle procedure. Insomma: poche regole ma chiare, e attenzione ai principi valoriali».
Bello slogan. Ma intanto le scuole italiane cadono a pezzi. Non metaforicamente. Si parla di muri, di strutture reali.
«Non ho l’abitudine di scaricare sulla politica tutte le responsabilità, ma se un tema non viene percepito come essenziale per il Paese, questi sono i risultati. Questo governo ha invece proprio la scuola al centro della propria azione. Lo ha annunciato il presidente Renzi…».
Ma per ora sono, appunto, degli annunci. Parliamo di cifre.
«Le cifre ci sono e il ministero è pronto ad agire. In ogni Paese civile la scuola deve avere agibilità, sicurezza, dignità e decenza. Movimenteremo un miliardo di euro: 150 milioni di euro sono già stanziati. Sono in calendario 700 interventi e abbiamo prorogato fino al 30 aprile i termini per la presentazione delle domande. C’è una lista di circa 2.000 interventi immediatamente cantierabili per circa 320 milioni. Poi, attraverso l’Inail, potremo contare su ulteriori 300 milioni: saranno mutui per la messa in sicurezza, la prevenzione del rischio sismico, l’adeguamento energetico. Infine, grazie alla Banca europea degli investimenti e la Cassa depositi e prestiti, sono in vista altri finanziamenti per ristrutturazioni e messa in sicurezza per 40 milioni annui in un lungo periodo, fino alla somma di 900 milioni».
Lei parla di dignità. E gli stipendi degli insegnanti così bassi? Gli scatti di anzianità sono in pericolo?
«Ho detto e ripeto che gli insegnanti italiani avrebbero diritto a retribuzioni di livello europeo. Tagliare gli scatti di anzianità? Non ho detto questo, nessuno pensa a togliere uno strumento economico indispensabile in un sistema di fatto bloccato, significherebbe peggiorare le condizioni di vita dei docenti. Ma bisognerà pur trovare strumenti per valorizzare le migliori professionalità, la capacità di aggiornamento. La disponibilità ad assumersi responsabilità. Per il momento è un libro dei sogni. Dovremo approfondire la questione».
Anche le sue dichiarazioni di sostegno alla scuola paritaria privata hanno aperto un dibattito. Sono stati stanziati 483 milioni. Così non si danneggia la scuola pubblica?
«Non sono un Robin Hood al contrario, non me lo merito proprio... C’è di mezzo il Consiglio d’Europa che il 12 dicembre 2012 ha inviato all’Italia una raccomandazione per il rispetto del principio di uguaglianza e parità nella scelta educativa. Non mi metto certo a togliere risorse alle scuole statali per darle ai privati. Ma, questo sì, responsabilizzare le scuole paritarie, sapendo ben distinguere il grano dal loglio, garantendo alle famiglie una autentica libertà di scelta. Senza ideologie. In Italia c’è grande confusione tra il concetto di “pubblico”, che ha la sua radice nell’espressione pro-populo , cioè al servizio della comunità e che può anche essere privato, e quello di “statale”».
Come vive le spettacolari visite nelle scuole di Renzi? Grillo è andato giù duro: «Sembri Mussolini»...
«Grillo è uomo di spettacolo. Non era al centro della scena, sotto i riflettori, e così ha fatto il controcanto. Io penso che quando le istituzioni vanno tra la gente con semplicità e immediatezza, per confrontarsi in questo caso col mondo reale della scuola, quindi insegnanti e famiglie, è sempre un bene. Faccio io una domanda: qualcuno ha da obiettare quando vede le stesse scene con Barack Obama o David Cameron?».
E l’inno dedicato a Renzi a Siracusa? Non era eccessivo?
«Io ero impegnata in Aula e non ho potuto accompagnare il presidente del Consiglio ma in qualunque scuola, quando arriva il sindaco o un’altra autorità locale, si preparano festeggiamenti simili. Hanno fatto lo stesso con Renzi. Trovo bello che i bambini abbiano un forte senso delle istituzioni».
Il suo ministero risente, come gli altri, di continui cambi di vertice. Non è dannoso per la scuola che ogni ministro voglia lasciare la propria impronta cambiando tutto?
«Io non sono afflitta dalla sindrome della continua rivisitazione del già fatto, non ho questa patologia... Nemmeno penso che scuola e università abbiano oggi bisogno, in Italia, di una grande riforma che scardini ancora una volta il sistema. Penso invece, come dicevo all’inizio, che ci sia massima urgenza di principi valoriali, di semplificazione, di poche ma chiare regole, di attenta valutazione dei risultati».
Lei viene dall’università, dove lavora da anni. Non rischia di sapere troppo poco di scuola primaria o secondaria, dove ci sono grandi difficoltà didattiche e organizzative?
«Prima risposta. Io ho l’abitudine di studiare a fondo ciò che non conosco. Seconda risposta. Mi sento, e sono, un ministro politico e non tecnico. Intendo esercitare al meglio questo mio ruolo. Il governo Renzi ha una forte impronta politica, grazie anche alla presenza di segretari di partito, e io sono tra loro. E un governo deve mettere la propria faccia politica sulle scelte essenziali. Soprattutto in settori chiave come il mio, che riguarda la vita delle famiglie e il futuro delle nuove generazioni».
Paolo Conti