Niente studio e neanche lavoro, all'Italia il primato dei neet
L'ultimo report dell'ocse: sono il 35% deI maschi tra i 15 e 29 anni
Giovanni Scancarello
Va all'Italia il primato dei maschi in condizioni di Not in education, employment and training (Neet). Ha la propensione maggiore al fenomeno della dispersione e la minore esposizione al lavoro, è questo il profilo dello studente italiano nel confronto internazionale.
È quanto emerge dall'Education at a Glance Interim report pubblicato ieri dall'Ocse. Insieme a Spagna e Grecia siamo sopra al 30% dei Neet, cioè dei giovani di età compresa fra i 15 e i 29 anni disoccupati o inattivi e fuori dal giro della formazione.
L'Italia ha quasi il 35% dei Neet maschi. Come noi solo la Spagna. La Grecia risulta già più staccata indietro, mentre la Turchia, con il dato del Neet femminile più alto (quasi il 50%) ha circa il 22% dei Neet maschi. Ma la Turchia risulta anche fra i Paesi che ha ridotto di più (50% nel 2005 e 34% nel 2013) la popolazione Neet. Come la Germania, scesa dal 19% di giovani Neet nel 2005 a 10% nel 2013 (contro una media Ocse del 18%). Per fortuna, sempre che se ne possa parlare, l'Italia è anche il Paese con il divario di genere tra Neet maschi e femmine fra i più bassi di tutti.
I dati relativi alla disoccupazione, spiegano i ricercatori di Parigi, sono importanti ma lo sono ancora di più quelli sui Neet in quanto predittore della capacità delle persone di adattarsi al cambiamento e alle trasformazioni del mercato del lavoro. Come pure, spiegano i ricercatori, i Neet vengono considerati un campione utile su cui misurare le difficoltà che i giovani incontrano quando perdono il posto di lavoro (quando cioè diventano disoccupati) o quando smettono di cercare un impiego o non lo hanno addirittura mai fatto (quando cioè sono considerati inattivi).
Secondo i ricercatori la popolazione dei Neet dai 20 ai 24 anni è quella più indicata per misurare il fenomeno dal momento che a questa età i giovani sono mediamente già fuori dal percorso scolastico. Questo è vero in generale e comunque per l'Italia la proporzione dei 20-24enni inattivi, perché ancora sui libri, è fra le più importanti dei Paesi Ocse.
Il nostro dato sui Neet sembrerebbe correlabile anche a quello sul tempo dedicato ad attività lavorative mentre si continua ad andare a scuola. Ci sono società, spiega l'Ocse, dove è considerato normale lavorare mentre si continua a studiare e ad andare a scuola. In Italia su questo ci si divide.
Non esistono evidenze certe ne raccomandazioni internazionali circa la coesistenza tra tempi di studio e di lavoro anche se l'Ocse cita studi che dimostrerebbero la ricaduta positiva sull'apprendimento del connubio tra studio e lavoro (Dundes and Marx, 2006; Murier, 2006; OECD, 2010). Fatto sta, spiega l'Ocse, che mentre in Canada, Islanda e Stati Uniti il 50% degli studenti occupati lavora tra le 10 e le 34 ore a settimana, in Grecia, Ungheria e Italia meno del 5% lavora per 10 ore a settimana.