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«Niente più insegnanti nei piccoli comuni»

La CGIL punta il dito contro la bozza del decreto innovazione

14/09/2012
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l'Unità

Luciana Cimino

«Nelle situazioni di particolare isolamento, limitatamente alle piccole isole e ai comuni montani, ove è presente un ristretto numero di alunni del primo ciclo di istruzione che non consente l’istituzione di classi (…) sono istituiti, a decorrere dall’anno scolastico 2012/2013, centri collegati funzionalmente attraverso l’utilizzo delle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic)». È l’articolo 21 di una bozza del Decreto Innovazione che sarà messo in calendario per le prossime riunioni del Consiglio dei Ministri. Prevede didattica svolta con l’e-learning «sotto la vigilanza di un tutor nominato dall’istituzione scolastica di riferimento, in locali messi a disposizione dal Comune».

LA POLEMICA Un cambiamento radicale, se venisse approvato così com’è, che fa sobbalzare la Flc–Cgil. Ieri mattina il segretario Mimmo Pantaleo ha scritto una lettera aperta al ministro Profumo contro l’ipotesi di «sostituire agli insegnanti i pc». «A noi pare che si vogliano fare tre operazioni: un ulteriore taglio di organico del personale, ammantato dall’alone della modernità e dell’innovazione; lo stravolgimento dell’idea stessa di scuola pubblica, costituzionalmente garantita, che verrebbe privata della essenziale funzione di mediazione culturale e didattica degli insegnanti; una riduzione di risorse a territori già deprivati». E il segretario Flc Cgil, all’indomani dell’inizio dell’anno scolastico, ricorda a Profumo «le classi ancora senza insegnanti, personale ausiliario, tecnico e amministrativo non ancora nominato, grande confusione e difficoltà determinate del dimensionamento scolastico e dai tagli degli ultimi quattro anni, condizioni fatiscenti di tante scuole». Mentre il ministro annuncia l’istituzione di una commissione al Miur per ridurre il diploma di un anno, la Flc Cgil promette: «se l’innovazione è questa ci sarà la più dura opposizione da parte di questa organizzazione sindacale». Intanto il primo giorno di scuola in molte città si è svolto all’insegna della protesta degli studenti e dei precari. Ieri mattina molti istituti dal nord al sud hanno aperto i battenti con cartelli “vendesi” («Docenti, studenti e istituti presto in vendita a prezzi convenienti») attaccati sulle cancellate. Un’«azione comunicativa» che l’Unione degli Studenti (Uds) ha effettuato per lanciare la grande manifestazione studentesca nazionale del 12 ottobre e per ribadire che «la scuola pubblica è in svendita», come spiega Mariano della Rete della conoscenza (che lega gli studenti medi di Uds e gli universitari e ricercatori di Link). «Gli studenti al rientro in classe hanno trovato accorpamenti, scuole a pezzi, qualità della didattica cancellata e tanta retorica a nascondere che il Governo tecnico ha continuato con i tagli alla spesa formativa e alla didattica». Al Margherita di Savoia di Roma gli studenti hanno innalzato lo striscione “Make school, not war” e portato due carrelli della spesa: uno contenete gli investimenti che servirebbero alla scuola e alla ricerca, l’altro invece pieno di armi finte. «La scuola non è una priorità del governo che preferisce investire su altro», spiegano. E la facoltà di lettere di Roma III è stata anche occupata in segno di protesta contro la presenza di Monti e Visco in un convegno dell’ateneo (il presidente del consiglio è poi intervenuto in videoconferenza). «Vogliamo dimostrare che l’università non è d’accordo con il massacro sociale», hanno spiegato gli universitari. Nel pomeriggio “Asta dei Saperi” inscenata da Uds e insegnanti precari sulla scalinata del Miur. Una studentessa ha bandito aule, professori, laboratori. «Abbiamo voluto mettere al centro in maniera provocatoria la situazione concreta nella scuola: le risorse non aumentano però con il ddl ex Aprea entrano i privati, finanziano gli istituti cancellando diritti studenti e docenti. Le scuole trasformate in aziende, gli studenti in merce», dice il coordinatore nazionale dell’Uds, Roberto Campanelli. Per Carmen, dell’Uds di Avellino, «il fatto che l’Ocse indichi l’Italia come fanalino di coda per le spese sull’istruzione non è solo un problema per la competitività ma anche per il fatto che studiare e vivere la scuola è ormai diventato un lusso: il diritto allo studio è stato svuotato, il costo dell’istruzione scaricato sulle spalle delle famiglie, mentre la scuola ha perso la propria missione formativa. Profumo sta continuando la strada della Gelmini e non ascolta le proteste dal basso di studenti e professori». Ma le settimane che verranno si preannunciano caldissime: il 21 settembre, in tutta Italia, mobilitazione della rete degli insegnanti precari con la Flc Cgil, il 22 manifestazione nazionale promossa dai coordinamenti; il 28 università, ricerca e Afam sciopereranno insieme al pubblico impiego di Cgil e Uil, il 12 corteo nazionale degli studenti fino ad arrivare al 20 ottobre con lo sciopero della scuola e la manifestazione nazionale Flc Cgil di tutti i comprarti della conoscenza.


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