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Nell’isola senza maestri c’è tutta un’altra scuola

Stromboli. Nei mesi invernali spesso i docenti non arrivano Così la comunità crea una didattica alternativa

18/02/2019
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la Repubblica

Alessandra Ziniti

Ciao maestra, ma oggi c’è scuola?", digita Maddalena su WhatsApp appena alzata dal letto guardando dalla finestra il mare grosso. La maestra non verrà, sicuramente, non oggi e forse neanche domani e dopodomani.

Succede spesso a Stromboli, sotto il vulcano, la più lontana delle isole Eolie senza un porto né un approdo riparato dal vento. Se l’aliscafo non arriva, niente scuola. O almeno niente scuola tradizionale in classe. Ma di "maestri" supplenti in giro per l’isola ce ne sono tanti: c’è Zurro, il più noto ristoratore di Stromboli, ci sono Gaetano e Marione, i vecchi pescatori, c’è Maria la pasticcera, e Beatrice, la guida turistica. E anche i vulcanologi di stanza sull’isola e quando possono anche le forze dell’ordine. Docenti di lezioni "non convenzionali", abitanti di un’isola che d’inverno vede ridursi la sua popolazione a sole 350 persone, disposte a darsi da fare e ad inventarsi veri e propri laboratori di didattica alternativa. E allora, quando il mare si alza e gli insegnanti restano a casa, per i 40 bambini iscritti nelle pluriclassi di materna, elementare e media di Stromboli, le lezioni diventano itineranti: nelle cucine del ristorante e nel laboratorio di pasticceria, sulle barche dei pescatori e nell’osservatorio, nella biblioteca messa su grazie alle donazioni dei turisti e lungo i sentieri che portano su fino alle bocche del vulcano. Imparano altro i ragazzini di Stromboli, non solo quello che c’è nei programmi ministeriali che troppo spesso sono loro preclusi.

Studiano le ricette della tradizione culinaria eoliana, le coltivazioni tipiche che nascono autonomamente sulla fertile terra nera, i segreti dell’antico mestiere della pesca, i misteri dell’astronomia in quel cielo ricco di stelle che di più non si può, i muretti a secco e le testimonianze del passato nelle pietre dell’antico cimitero, la messa in scena delle novelle popolari, i sommovimenti di "Iddu", il vulcano sotto il quale sono nati e dove vogliono rimanere. «Non vogliamo che i nostri bambini siano costretti ad emigrare da piccoli anche solo per poter frequentare la scuola dell’obbligo. E meno che mai che siano costretti ad abbandonare gli studi perché le famiglie non possono sostenere il peso economico e sociale di madri e figli costretti a trasferirsi sulla terraferma nei mesi invernali».

È per questo che Carolina Barnao, palermitana d’origine ma strombolana d’adozione, quattro figli ancora piccoli, ha fondato l’associazione "La scuola in mezzo al mare", inventandosi insieme ad un nutrito gruppo di altri genitori questo modello di didattica alternativa che ha ispirato e dato il titolo al docufilm della regista Gaia Russo Frattasi, prodotto da Moby film e apapaja, che da oggi farà il giro delle sale italiane. Per raccontare che un altro modo di fare scuola, in contesti speciali di mare o di montagna troppo spesso tagliati fuori dal mondo, può e deve esistere ma dovrebbe essere sostenuto e facilitato a livello ministeriale, in qualche modo reso strutturale e non affidato all’estemporaneità e alla volontarietà di chi si trova a fare da "supplente" agli insegnanti di ruolo che non hanno l’obbligo di risiedere nelle località disagiate in cui prestano servizio.

A Stromboli dunque, la "scuola in mezzo al mare" funziona così: per chi ha bambini sotto i 14 anni la scommessa è rendere produttivi i tanti, troppi giorni di stop forzato alle lezioni. Per chi, invece, ha ragazzi in età da liceo al momento non c’è alternativa: nell’isola le scuole superiori non ci sono, bisogna iscriversi a Lipari o a Milazzo.

Dunque o si rinuncia a proseguire gli studi o, a settembre, le donne con i figli affittano casa sulla terraferma e si trasferiscono, gli uomini restano a fare i muratori o a pescare. E l’isola si spopola sempre di più.

«Per me far crescere i miei figli a Stromboli è un privilegio, non una condanna – spiega Carolina Barnao – è una scelta di vita che ho fatto prima di averli e che non voglio imporre loro. Emma ha 2 anni, Tommaso 4 e mezzo, Salvatore 9 e Maddalena 12.

Quindi l’anno prossimo mi troverò anch’io davanti al bivio.

Lotterò strenuamente per far fare a tutti la scuola dell’obbligo qui, anche a costo di farli preparare a casa e fargli fare gli esami da esterni. Quello per cui ci battiamo è un sostegno ministeriale al nostro progetto che ci consenta di superare l’isolamento con la tecnologia».


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