Ne vale la pena?
Vittorio Delmoro
Ne è valsa la pena?
Alzarsi alle 2 del mattino, farsi 5 chilometri a piedi per le vie di Roma dietro fischi assordanti e sventolio di bandiere e poi altri 5 chilometri al ritorno; più dieci ore di pulman; e io sto vicino; pensa chi è partito dalla Sicilia, dalla Sardegna, da Trieste, da Aosta!
Ne è valsa la pena?
Sul un pullman per la prima volta interetnico (per me), facce grinze dal sonno e dall’età, facce operaie e pensionate, pochissimi i giovani.
L’atmosfera intorpidita si rianima allo spuntar del giorno, quando il capopullman distribuisce cappellini, bandane e fazzoletti tutti rossi : lo spirito di appartenenza si risveglia e contagia pure i nuovi adepti dalla pelle diversa dalla mia.
Ne è valsa la pena?
Sul mio pullman siamo solo 4 maestri, la quota residua di quel popolo della scuola che in autunno aveva riempito Roma con una manifestazione esaltante.
Dove sono ora gli altri?
A dormire nei loro letti sognando speranze che al risveglio si frantumeranno inesorabilmente?
A guardare con occhi pietosi verso la CISL che ha già giudicato inutile questa nostra manifestazione, fornendo comunque un alibi a chi è rimasto a dormire?
Già, la CISL…
Epifani, dal palco del Circo Massimo, ha appena detto che chi non è qui sbaglia comunque.
Dunque noi che ci siamo, siamo nel giusto.
Ne è valsa la pena, allora?
Un’organizzazione perfetta, orari rispettati al minuto, una logistica fluida senza alcun intoppo per tutto il tempo, dalla partenza da casa, fino al ritorno.
Una pacifica invasione di Roma da parte di categorie che non ho mai incontrato.
I lavoratori del commercio, gli edili, quelli di tutti i ministeri di Roma, la sanità, i bancari, la FIOM col suo camion su cui ballavano bambini con la pelle di diversi colori e una speaker favolosa che le cantava a Berlusconi (Vedi? I bambini non li mangiamo!)
Un corteo (quello partito da piazza della Repubblica) aperto dagli sbandieratori e seguito da un Veltroni acclamato a destra e a sinistra.
Un lunghissimo striscione retto dai trentini (1033 trentini venuti da Trento a dire no alla crisi); i cartelli gialli su Berlusconi/Mussolini retti dai militanti del PCML e un fiume rosso di compagni che sciamava per Roma.
Ne è valsa la pena?
Dal palco del Circo Massimo sparano cifre umoristiche (ora saremo circa una settantina), mentre i cortei sono ancora in pieno svolgimento e il prato verde brulica di persone sedute sotto un caldo sole d’aprile.
Epifani vuole anzitutto ringraziare l’organizzazione più antica : i partigiani, presenti nel corteo con un loro striscione.
E allora formulo questo pensiero.
Quando tra il 68 e il 75 ci siamo ribellati, quando abbiamo dato a quella nostra generazione un’impronta imperitura, lo abbiamo fatto raccogliendo una bandiera il cui colore e il cui significato stava sbiadendo, dopo 25 anni, quella dei Partigiani che avevano restituito la libertà a tutti gli italiani.
Nel nostro piccolo, allora, nel 68, anche noi abbiamo riaperto spazi di libertà e di diritti per gli italiani, soprattutto per le classi che si definivano proletarie.
Sono trascorsi altri 30 anni e mi sembra che quegli spazi e quei diritti stiano di nuovo sbiadendo, occupati da una vincente cultura dell’io che, come ha detto Shell Shapiro dal palco, oscura quella del noi.
È tempo che il noi si rifaccia avanti, che mostri agli italiani tutta la forza concreta e metaforica di cui è capace.
Al di là della crisi che ci sta attanagliando, al di là della devastazione della scuola pubblica, è proprio la democrazia che oggi torna a vacillare, sono proprio i diritti che non trovano più cittadinanza.
Per questo ci tocca, dopo gli entusiasmi giovanili di 30 anni fa, riprendere in mano quella bandiera lasciataci in eredità dai Partigiani e ridarle colore e vigore.
Lo dobbiamo ai nostri figli e nipoti.
Lo dobbiamo a tutti gli italiani.
Ne è valsa dunque la pena?
Sì, ne è valsa la pena!
Vittorio Delmoro – maestro
(appena tornato da Roma)