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Napolitano: Ognuno faccia la sua parte. Lo dobbiamo ai giovani

Il richiamo all’inaugurazione dell’anno scolastico al Quirinale con Gelmini. Agli studenti: «Abbiamo il dovere di darvi speranza, motivi di fiducia nel domani»

24/09/2011
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l'Unità

Marcella Ciarnelli

La sua inquietudine, il suo «assillo » davanti alla situazione di crisi che rischia di portare al collasso l’economia del Paese, il presidente della Repubblica l’ha ancora una volta resa esplicita parlando ai ragazzi arrivati al Quirinale da ogni parte d’Italia per l’inaugurazione ufficiale dell’anno scolastico. Nei giorni scorsi il premier è salito al Colle ed ha sostenuto, in preda ad un fin qui ingiustificato ottimismo, che la situazione è migliore di quella che appare, che gli speculatori tengono nel mirino l’Italia che un rinnovato impegno del governo porterà fuori dallo tsunami. In attesa di verifiche concrete resta il fatto che la crisi morde e che, lo ha ribadito il presidente, «il nostro Paese è chiamato a prove difficili e quindi a un nuovo grande sforzo comune negli anni che ci stanno davanti, dopo questo già pesante 2011. L’Italia si sta cimentando con precisi impegni di riequilibrio finanziario e deve ora affrontare senza indugio la sfida del tornare a crescere, del crescere di più e meglio, del crescere unita». Ma qualunque obiettivo, a cominciare da quello «ineludibile dell’abbattimento del debito pubblico, guai se non ce ne facessimo carico » non potrà essere raggiunto se non facendo «ognuno la propria parte». Solo così, si è augurato Napolitano «l’anno prossimo il nostro incontro potrà svolgersi in un’atmosfera nazionale e internazionale più serena». IL DOVERE DELLA SPERANZA Ma l’imperativo è quello di un impegno serio da parte di tutti coloro che sono chiamati a decisioni anche difficili, impegnative, da parte di chi «ha il dovere di dare speranza » ai giovani che sono «portatori di speranza». Che sono il futuro ma che «dai meravigliosi piccolini ai più grandi» avvertono certamente nelle loro case, nelle loro famiglie «il peso delle gravi difficoltà che stiamo affrontando». Al ministro Gelmini, ai ragazzi, ai protagonisti con docenti e altri addetti, «della cerimonia più bella e gioiosa che ospitiamo al Quirinale» bisogna dare certezze avvertendoli, però, che «la serenità, il benessere, non solo in seno alla famiglia ma anche nella società e nel Paese, sono solo in piccola parte un regalo della buona sorte o qualcosa di acquisito per sempre, ma sono invece soprattutto il frutto di una conquista quotidiana che premia l’impegno ». Occorre un lavoro comune, un’unità d’intenti come quella che ha caratterizzato la celebrazione dei 150 anni dato che stiamo vivendo un altro di quei momenti in cui bisogna fare un grande sforzo per garantirci un degno futuro, per garantirlo alle generazioni più giovani ». Ma chi ha il dovere e l’obbligo di prendere decisioni, «noi che abbiamo responsabilità nella guida del Paese, abbiamo il dovere di darvi speranza, di darvi seriamente motivi di fiducia nel domani», e lo dobbiamo fare tenendo ben presente che «non possiamo lasciare sulle spalle delle generazioni più giovani quellamontagna di debito, che bisogna affrontare la sfida con l’assillo di dare una scossa al muro della disoccupazione giovanile che è quello di tante famiglie ed è anche il mio». La scuola ha un ruolo fondamentale. Ma bisogna procedere «a ritmo più celere e costante». Quindi «nell’affermare criteri di massimo rigore e di effettiva produttività nella spesa pubblica, nel mettere mano ad una profonda revisione e selezione, è possibile e necessario stabilire un nuovo ordine di priorità, nel quale non sia riservata alla scuola una collocazione riduttiva, attribuendo una quota chiaramente insufficiente alle risorse per l’istruzione, l’alta formazione, la ricerca. Una scuola moderna richiede una quota adeguata di risorse nell’ambito del bilancio dello Stato» pur in presenza di tagli dolorosi ma necessari che però non devono impedire di dare «a tutti i talenti l’occasione di esprimersi. Sempre più giovani devono ricevere una formazione che regga il confronto internazionale». I CERVELLI IN FUGA Una scuola migliore, quindi, e la possibilità di occupazione effettiva e qualificata una volta conclusi gli studi. Ancora una volta Napolitano, nel giorno in cui da Ginevra giungevano straordinarie novità,non ha dimenticato di rimarcare «il dato davvero preoccupante dei troppi nostri bravi laureati che per necessità lasciano ogni anno il nostro Paese, non trovando lavoro qui e che, nonostante recenti provvidenze di legge, difficilmente poi rientrano».


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