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Mobilità, i correttivi in bilico

I sindacati chiedono la titolarità su scuola per i trasferiti

22/11/2016
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ItaliaOggi

Carlo Forte

Mobilità, contrattazione in stand by. Il nodo da sciogliere riguarda la possibilità o meno di conservare il diritto alla titolarità della sede per i docenti che otterranno il trasferimento o il passaggio di cattedra nella prossima tornata di mobilità a domanda. Dopo 4 riunioni andate a vuoto, le organizzazioni sindacali rappresentative, Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda-Unams, hanno deciso di investire della questione i segretari nazionali, al fine di verificare se esiste la possibilità di risolvere la questione in sede politica. E a breve ci sarà un incontro con il ministro, Stefania Giannini, per discutere la questione. La legge 107/2015, infatti, prevede la collocazione negli ambiti per tutti i docenti che avranno accesso alla mobilità. Ma i sindacati insistono per una soluzione politica che consenta alla contrattazione collettiva di continuare a regolare i movimenti da sede a sede, senza che ciò comporti la perdita della titolarità e l'assoggettamento al sistema degli ambiti. O perlomeno, per una contrattualizzazione della chiamata diretta fondata su un sistema di regole tassative basate sulla valutazione di titoli e punteggi.

Al primo posto, il nodo degli ambiti. In buona sostanza, dunque, la richiesta unanime dei sindacati va nel senso del mantenimento del diritto alla sede di titolarità o, comunque, della contrattualizzazione della chiamata diretta, in modo tale da rendere le relative procedure trasparenti ed oggettive. Ma questo collide con le disposizioni contenute nella legge 107, che prevedono l'assoggettamento agli ambiti e alla chiamata diretta per tutti i docenti una volta ottenuto il trasferimento o il passaggio, senza vincoli di sorta.

Di qui la richiesta di un incontro al vertice anche al fine di promuovere un intervento legislativo che restituisca al tavolo negoziale il potere del derogare la legge 107/2015, nella parte in cui prevede la cancellazione al diritto della titolarità della sede. La strada, dunque, è tutta in salita. Se il governo non riterrà di recepire le richieste dei sindacati potrebbero verificarsi, essenzialmente, due situazioni.

La prima è che almeno la maggioranza dei sindacati accetti di firmare un eventuale accordo che recepisca il nuovo sistema disegnato dalla legge 107/2015. Nel qual caso, dal prossimo anno, i docenti che otterranno il trasferimento o il passaggio oppure i docenti che diventeranno soprannumerari e saranno trasferiti d'ufficio, dovranno mettere una pietra sopra al diritto alla titolarità della sede. Ciò comporterebbe l'assoggettamento alla chiamata diretta da parte dei dirigenti non solo per i docenti neoassunti, come è avvenuto quest'anno, ma anche per coloro che sono di ruolo da molti anni.

Per giungere a questa situazione basterebbe che le organizzazioni sindacali che ritenessero di aderire all'ipotesi di accordo rappresentassero nel loro complesso almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato elettorale, o almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo ambito (si veda l'articolo 43, comma 3 del dlgs 165/2001).

Per esempio, stando agli attuali tassi di rappresentatività certificati dall'Aran (si veda Italia Oggi del 08/11/2016, pag. 42), affinché l'eventuale contratto potesse risultare valido, basterebbe che lo firmassero anche solo i rappresentanti di Cgil (26,81%), Cisl (24,02%) e Uil (15,19%.).

La seconda è che l'accordo non venisse sottoscritto da un numero di sindacati tale da raggiungere il 51%. In questo caso l'amministrazione, ai sensi dell'articolo 40, comma 3-ter del dlgs 165/2001, potrebbe procedere unilateralmente emanando un'ordinanza. In questo caso, però, i sindacati potrebbero avere gioco facile ad impugnare l'ordinanza davanti al Tar del Lazio. E in quella sede i giudici amministrativi potrebbero anche annullarla.

La sentenza di annullamento avrebbe l'effetto di creare un vuoto normativo che dovrebbe essere colmato dall'amministrazione con un ulteriore provvedimento informato alle disposizioni dettate dal Tar.

In pratica, le disposizioni sulla mobilità potrebbero scriverle i giudici, in accoglimento dei rilievi formulati dai sindacati in sede di giudizio. Ipotesi questa che risulterebbe non percorribile se venisse firmato il contratto. In quel caso, infatti, la materia rientrerebbe nella giurisdizione del giudice ordinario e i ricorsi potrebbero essere presentati solo da singoli docenti direttamente lesi dagli effetti delle nuove disposizioni. E comunque, il giudice non avrebbe il potere di annullare il contratto, ma solo di disapplicarlo e gli effetti avrebbero valore solo per i ricorrenti.

In entrambi i casi, però, in via pregiudiziale, i ricorrenti potrebbero anche promuovere un'eccezione di costituzionalità sulle norme che regolano ambiti e chiamata diretta. Che se venisse ritenuta non manifestamente infondata dal giudice, determinerebbe l'instaurazione di un giudizio di costituzionalità davanti alla Consulta.

E poi c'è la vicenda dell'algoritmo. Oltre tutto, le operazioni di mobilità sugli ambiti adottate recentemente dall'amministrazione, in molti casi, sono state annullate dai giudici di merito già nella fase cautelare (tra le tante: Tribunale di Nocera Inferiore 13.10.2016; Tribunale di Lecce 20.10.2016; Tribunale di Taranto 20.09.2016). Ciò perché il sistema informatico adottato dal ministero, secondo i giudici, non avrebbe garantito il rispetto della normativa sui punteggi.

E proprio per arginare il contenzioso, l'amministrazione, a suo tempo, consentì ai docenti trasferiti su ambito di scegliere altri ambiti più vicini tramite meri procedimenti di conciliazione. Sulla questione, peraltro, è già in atto un contenzioso davanti al Tar del Lazio promosso dalla Gilda degli insegnanti, volto ad ottenere una copia dei codici sorgente applicati dal ministero per produrre l'algoritmo che ha gestito le operazioni di mobilità su ambito.

Vale a dire dei progetti utilizzati dagli informatici per produrre il software utilizzato per gestire la mobilità su ambito. E se a seguito dell'estrazione di copia dei codici sorgente dovesse essere provato che le operazioni di assegnazione su ambiti sarebbero state disposte in violazione della normativa sulla mobilità, potrebbe aprirsi un ennesimo contenzioso seriale con gravi ripercussioni per le casse dell'erario.

Per non parlare dell'ennesimo ingolfamento delle sezioni lavoro dei tribunali. Resta da vedere quali saranno gli ulteriori sviluppi della questione. Che adesso si sposta dal piano contrattuale a quello politico.


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