Metà in classe e metà a casa? Azzolina frena: la decisione non c’è
E ora si pensa a un’unità speciale per aiutare i presidi a settembre
Gianna Fregonara e Valentina Santarpia
Si torna alla casella di partenza: la didattica mista — metà studenti in classe e metà collegati da casa — che sabato la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina sembrava aver individuato come soluzione per il rientro a SCUOLA a settembre torna ad essere «elemento di dibattito e non una decisione». Lo ha scritto lei stessa sulla sua pagina di Facebook: troppe le proteste dei comitati di genitori e anche delle forze politiche. È possibile che alla fine — lo ha spiegato la viceministra Anna Ascani — questa resti un’opzione per gli studenti delle superiori, ma non per i più piccoli.
Quali sono dunque quelle «soluzioni flessibili da adattare alle varie fasce d’età e alle strutture scolastiche e alle realtà territoriali, oltre che alla minaccia di contagio»? E ci saranno regioni in cui si tornerà verso la normalità? Per spiegare che cosa si stia facendo al ministero in vista di settembre è intervenuto Patrizio Bianchi, presidente della commissione di esperti che deve produrre soluzioni per il nuovo anno scolastico. «Quello individuato dalla ministra è lo scenario zero — spiega —. Con varianti che vanno soppesate, perché ci sono sia i bambini di prima elementare che i maturandi».
Bianchi anticipa che il piano si baserà su due principi: quello dell’autonomia delle scuole che saranno chiamate a elaborare proposte — i presidi saranno aiutati da «un’unità speciale del ministero ad organizzarsi al meglio» — e quello della collaborazione tra scuole e enti locali «per poter utilizzare gli spazi che esistono» nelle diverse realtà. Ma su una cosa è chiaro: non si aspettino miracoli per settembre. Dove ci sono i problemi di sovraffollamento delle classi — non alle elementari dove la media degli alunni è 19 — o di strutture scolastiche è «necessario un piano pluriennale»: «Sono dieci anni che diciamo che la dimensione ideale di una classe è di 10-12 bambini». Entro la fine della prossima settimana la commissione di esperti farà le prime proposte concrete. Sulla didattica mista anche il presidente dell’Anp Antonello Giannelli ha dei dubbi: «È molto difficoltoso: si dovrebbero cablare gli istituti e ci sono problemi di natura pedagogica: l’impostazione di una lezione in presenza è diversa da quanto va fatto a distanza». Per le elementari Ascani ipotizza «l’apprendimento esperienziale di ispirazione montessoriana»: i gruppi (piccoli) potranno svolgere a giorni alterni attività diverse, con una maggiore attenzione allo sport, alla musica, all’arte e alle tante attività, anche di creazione digitale. I sindacati ma anche i presidi e le forze di maggioranza chiedono un confronto serio e allargato, ma soprattutto per quanto riguarda la flessibilità e cioè le decisioni delle singole scuole «serve un quadro nazionale di orientamento». Resta aperto il nodo degli insegnanti: è vero che gli studenti quest’anno sono di meno e non sono stati fatti tagli di organico, ma è difficile che i docenti possano bastare se le classi saranno molte di più di quelle attuali: si potrà ricorrere ad associazioni e volontari per organizzare le attività alternative. Intanto torna la polemica sulla maturità: questa volta sono i presidi a farsi portavoce dei dubbi e delle paure degli insegnanti e a chiedere al più presto un protocollo per la sicurezza, altrimenti meglio tornare all’ipotesi della maturità a distanza.