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Messaggero-"Università, pochi laureati e ricerca "al verde""

Mercoledì 22 Settembre 2004 Chiudi Presentata all'Auditorium di Roma l'annuale relazione sullo stato degli atenei. Aumentano gli iscritti, calano gli abbandoni, ma non basta "Universit?...

23/09/2004
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Il Messaggero

Mercoledì 22 Settembre 2004 Chiudi
Presentata all'Auditorium di Roma l'annuale relazione sullo stato degli atenei. Aumentano gli iscritti, calano gli abbandoni, ma non basta
"Università, pochi laureati e ricerca "al verde""
L'accusa del presidente dei rettori Tosi: l'Europa è lontana. La Moratti: la mia riforma va avanti
di LUIGI PASQUINELLI

ROMA L'università è in mezzo al guado, le correnti sono forti, se vuole arrivare in porto sana e salva deve aggiornare costantemente la propria rotta senza perdere di vista la bussola. Ieri c'era il sistema elitario dei padri e dei nonni, oggi l'accesso di massa, domani, ma il periodo già cominciato, le sfide dell'integrazione europea e della globalizzazione culturale. Chi si ferma è perduto. Piero Tosi, presidente dei rettori italiani, ha tracciato ieri un identikit del sistema universitario in una sede prestigiosa, una sala stracolma dell'Auditorium di Renzo Piano, davanti a un pubblico illustre: uno stuolo di "magnifici" membri della Crui (la Conferenza dei rettori), tanti professori, le autorità in prima fila tra cui il presidente del Senato Marcello Pera e il ministro dell'Istruzione Letizia Moratti. Il più eminente rappresentante accademico ha snocciolato, come grani di rosario, i nodi del settore. Ha difeso i ricercatori che fuori del "tartarugone" distribuivano volantini contro la riforma dello stato giuridico dei prof. "La grave carenza di risorse finanziarie unita all'imminente precarizzazione delle carriere allontanerà i più dotati dalle nostre università", tuona Tosi. La fuga di cervelli, cioè, assomiglierà all'esodo di Ferragosto. Applausi a scena aperta per il super rettore. Dopo aver ricordato che nel 2003 ci siamo piazzati all'ultimo posto tra i 25 paesi dell'Unione allargata per quanto riguarda i soldi dati alla ricerca (diminuiti l'anno scorso del 5,3 per cento), il relatore ha ribadito il carattere pubblico dell'università. "Noi siamo in Italia, non negli Stati Uniti", ha replicato, mandando in sollucchero la platea, a quelle forze intellettuali e politiche che vedono nelle privatizzazioni e nelle regole del mercato un toccasana per tutti i mali del servizio pubblico. Per non soccombere la nuova università ha bisogno di soldi, l'1 per cento del Pil non basta, e di un nuovo sistema di valutazione, meritocratico, che premi anche finanziariamente i più bravi. E' un'utopia questa? Si è chiesto il supermagnifico ponendosi una domanda e trovando una risposta in Oscar Wilde secondo il quale il progresso altro non è che l'avverarsi delle utopie.
Il ministro Moratti, appena finito di ascoltare la relazione annuale sullo stato di salute del mondo accademico, ha detto che non intende ritirare o modificare il disegno di legge sulla riforma della docenza, il cui iter legislativo prosegue spedito alla Camera. Semmai, dice: "Dovrà essere sviluppato nel tempo coerentemente con i finanziamenti che ci saranno". Una posizione che il segretario dei Ds Piero Fassino, anche lui presente nell'Auditorium, definisce sconcertante. "Un ministro che viene ad ascoltare i rettori italiani dovrebbe riflettere sulle sollecitazioni che le vengono rivolte. Rispondere subito a testa bassa non mi pare un buon modo di governare".
A parziale consolazione di tanti guai, alcuni dati confortanti sul sistema universitario ricavati soprattutto dall'ultimo triennio, da quando cioè sono state introdotte nell'ordinamento le lauree triennali. Crescono gli iscritti: solo nell'ultimo anno oltre trentamila nuove unità. Aumentano le donne: negli anni 80 rappresentavano il 48 per cento degli studenti, oggi il 55,7. Meno fuori corso: nel 2000 erano il 41,8 degli iscritti, oggi sono scesi sotto il 36. Calano anche, per la prima volta dopo 5 anni, gli abbandoni: meno 20 per cento. Progressi dovuti probabilmente a una facilitazione, in termini di durata, degli studi, che non accorciano più di tanto la distanza dall'Europa. Nonostante il boom di laureati (da 78 mila pezzi di carta nell'87 a 230 mila nel 2003) solo l'11 per cento degli italiani tra 25 e 44 anni è in possesso del diploma universitario. Peggio di noi solo Portogallo e Austria.


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