Messaggero-Università, l'Italia arranca agli ultimi posti
Università, l'Italia arranca agli ultimi posti Solo La Sapienza e Bologna presenti nella graduatoria. I rettori: è già un miracolo esserci di ANNA MARIA SERSALE ROMA - ...
Università, l'Italia arranca agli ultimi posti
Solo La Sapienza e Bologna presenti nella graduatoria. I rettori: è già un miracolo esserci
di ANNA MARIA SERSALE
ROMA - La migliore università del mondo? E' Harvard, secondo la classifica compilata dal supplemento istruzione del quotidiano britannico "The Times" (Thes), che nella top ten dei più prestigiosi atenei al secondo posto mette Barkeley, al terzo il Massachussets Institute of Technology e al quarto il California Institute, tutte università statunitensi. Seguono le due migliori inglesi, Oxford e Cambridge, piazzate al quinto e sesto posto. Infine, al settimo, ottavo e nono tornano gli americani con Stanford, Yale e Princeton. Al decimo il Politecnico di Zurigo, l'Eth. La lista, redatta sulla base delle opinioni espresse da 1.300 accademici di 88 paesi, premia Stati Uniti e Gran Bretagna.
E l'Italia? E' precipitata in fondo alla classifica. Il nostro Paese nella classifica delle 50 migliori università europee è totalmente assente. Appare al 162mo posto, con "La Sapienza" di Roma, e al 186mo con l'"Alma Mater" di Bologna, la più antica d'Europa. Per i rettori italiani "non c'è da meravigliarsi" se il nostro sistema universitario viene così poco considerato. "Non per un difetto di qualità - dicono - ma perché ci sono ragioni storiche e politiche che ci affossano". Guido Fabiani, il "magnifico" di Roma Tre, non ha dubbi: "Stupirsi non ha senso. E' un miracolo se La Sapienza e Bologna, le università più antiche che abbiamo, riescono ancora ad apparire nelle classifiche internazionali grazie ad eminenti studiosi. Perché l'Italia guadagni posizioni diverse il nodo da sciogliere è politico ed economico. Il nostro è un sistema sottodimensionato. Lo Stato non copre i buchi di bilancio e i nostri atenei hanno i conti in rosso. Le Università in vetta alla classifica britannica, invece, possono contare su ampie risorse pubbliche e private".
Ma a quali parametri hanno fatto riferimento gli studiosi prima di dare i voti? Sono cinque i criteri. Il primo prevedeva che ciascuno dei 1.300 esperti indicasse i nomi delle migliori istituzioni universitarie specializzate nel settore di propria competenza. Poi, sono stati valutati il rapporto docenti-studenti; il tasso di internazionalizzazione, ossia la capacità di attrarre docenti e studenti provenienti da altri paesi; la qualità dei corsi; il numero delle citazioni nelle pubblicazioni scientifiche. Quest'ultimo dato fa riferimento ad un database, l'Essential Science indicators della Thomson Scientific, un Istituto di informazione scientifica."Eppoi, sui parametri - osservano i rettori - si può discutere. Soprattutto per quello riguardante l'internazionalizzazione, che da noi è impedita da una serie di vincoli". "Anche il criterio delle citazioni richiede qualche spiegazione - sostiene Luciano Modica, ex presidente della Conferenza dei rettori, ora senatore - Sono quasi tutte scientifiche, tanto è vero che nella graduatoria primeggiano i politecnici o gli atenei che hanno maggiormente sviluppato le facoltà scientifiche. I criteri, dunque, sono criticabili. Però non è la prima volta che l'Italia appare in fondo alle classifiche internazionali. E questo ci deve preoccupare".
"Le cause? Sono molte - prosegue Luciano Modica - Nelle nostre università non si parla inglese, il sistema di selezione dei docenti è vecchio, condizionato da criteri localistici e non certo internazionali, i concorsi sono dettati da regole burocratiche, e soprattutto manca la possibilità di pagare bene i docenti. A parte il programma varato da Zecchino, che la Moratti ha mantenuto, e che riguarda circa 200 docdenti stranieri con retribuzioni più alte e un fondo di spesa a disposizione, per il resto non siamo competitivi. Le nostre università non premiano il merito, perchè non hanno le risorse che ci sono in altri Paesi: campus, appartamenti, borse di studio, infrastrutture adeguate e fondi. A noi mancano laboratori e perfino strumentazioni. Ma di quale internazionalizzazione parliamo se non riusciamo ad attrarre gli stranieri?".
Così, per l'università italiana è difficile reggere il confronto con Cambridge, la più vivace intellettualmente, o con le altre università leader. Solo Spagna, Portogallo e Grecia sono messi peggio di noi. Non compaiono affatto nella heat parade del Thes britannico.