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Messaggero-Tutti a scuola fino a 18 anni, sui banchi o nelle imprese

Tutti a scuola fino a 18 anni, sui banchi o nelle imprese di LUIGI PASQUINELLI ROMA Nel prossimo futuro bisognerà andare a scuola fino a 18 anni. E' quanto ha stabilito ieri il ...

23/05/2004
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Il Messaggero

Tutti a scuola fino a 18 anni, sui banchi o nelle imprese
di LUIGI PASQUINELLI

ROMA Nel prossimo futuro bisognerà andare a scuola fino a 18 anni. E' quanto ha stabilito ieri il governo nell'ambito della riforma dell'istruzione varata dal ministro Moratti nel 2003. Il consiglio dei ministri ha dato il via libera a due decreti attuativi: quello relativo al cosiddetto "diritto-dovere", quello sull'"alternanza scuola-lavoro".
I cardini della riforma
Prevede un primo ciclo di istruzione che va dalla scuola primaria a quella secondaria di primo grado (corrispondenti alle attuali materna, elementare, media, in tutto 8 anni). Un secondo ciclo (omologo all'attuale media superiore, di 4 o 5 anni) che prevede l'alternanza tra scuola e lavoro. Abolisce la dicitura "scuola dell'obbligo" (attualmente fino a 15 anni) prevista dalla Costituzione introducendo il "diritto-dovere" alla frequenza fino a 18 anni. Riorganizza un sistema di valutazione con verifiche periodiche e sistematiche sulle scuole italiane. Per completare la riforma devono ancora essere definiti, e approvati, i due "rami" del secondo ciclo: l'istruzione superiore e la formazione professionale.
Il diritto-dovere di andare a scuola .
Stabilisce per tutti gli italiani la necessità di apprendere per almeno 12 anni. L'obbligo scolastico fu introdotto nel 1859 e riguardava solo la scuola elementare. Nel '62 fu allargato fino ai 14 anni e nel 2000 ai 15. Nel prossimo futuro abbraccerà l'intero ciclo scolastico anche se le opposizioni accusano l'estensione di essere puramente virtuale: la sostituzione dell'"obbligo" con il "dovere" (concetto meno potente dal punto di vista giuridico) riporterebbe di fatto il limite alla fine del primo ciclo, equivalente alla terza media.
L'alternanza scuola-lavoro
Gli studenti usciti dal primo ciclo (le attuali medie) devono decidere se completare gli studi al liceo o frequentare corsi di formazione professionale, propedeutici a un mestiere. Tali corsi prevedono stage presso enti pubblici e privati, enti di ricerca, imprese, mondo del volontariato. In teoria la scelta è reversibile. Si può passare da un percorso all'altro.
I tempi
Dal prossimo anno scolastico, 2004-2005 la scolarità obbligatoria si allungherà di un anno, passerà dagli attuali nove a dieci. Il pieno regime della riforma prevede dodici anni di scuola.
Le sanzioni
I Comuni vigileranno sull'adempimento delle norme da parte delle famiglie servendosi anche della recente anagrafe degli studenti istituita presso il ministero dell'Istruzione che segnalerà eventuali abbandoni. Le sanzioni per i genitori inadempienti, annuncia il ministro, diventeranno più dure. Attualmente c'è un richiamo e un'ammenda pecuniaria. Ma tali sanzioni rimangono, nella stragrande maggioranza dei casi, sulla carta.
I costi della nuova scuola
Per le statali non ci sarà alcuna tassa di frequenza. Come adesso, a carico delle famiglie rimane l'acquisto dei libri.
Il tutor della formazione professionale
Da non confondere con il tutor delle elementari. Chi sceglierà la formazione professionale sarà seguito da tutor interni all'istituto ed esterni, per gli stage.
La polemica
Secondo il ministro Moratti la riforma adeguerà l'Italia ai parametri europei, un'organizzazione di questo tipo è già in vigore in Francia e Germania. I due sistemi, licei e formazione professionale, sono dichiarati ugualmente educativi e soprattutto complementari e interconnessi. Per i contestatori della riforma l'alternativa tra cultura e mestiere è di fatto un ritorno al passato, ripristina i privilegi di censo, obbliga il ragazzo a una scelta precoce e definitiva. La reversibilità della scelta è considerata inoltre impraticabile: un apprendista elettricista difficilmente potrà inserirsi, in corsa, nel processo di apprendimento del greco antico. E viceversa.


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