Messaggero: Scuola o lavoro: a 15 anni la scelta
Con l’apprendistato l’obbligo “ridotto” di un anno. Ma è polemica
ROMA - Scuola o lavora: la scelta a 15 anni. La Commissione Lavoro della Camera, com’era prevedibile, dice sì. Ed è subito polemica. Perché uno degli emendamenti al disegno di legge sul lavoro ritenuti ammissibili dalla Commissione stessa (si è ancora, comunque, a una tappa intermedia, il testo andrà in aula il 25 e dovrà poi tornare ancora al Senato per la rilettura e l’approvazione definitiva) è quello che “diploma” l’apprendistato come lecita alternativa all’ultimo anno di scuola dell’obbligo. La legge oggi fissa l’età dell’obbligo scolastico a 16 anni. Ora potrebbe calare a 15 con un anno aggiuntivo di apprendistato. Lo stabilisce il testo proposto dallo stesso relatore del ddl, e vice presidente della Commissione, Giuliano Cazzola. Il provvedimento riguarda i ragazzi che scelgono di non continuare la scuola fino a 16 anni e devono frequentare così i corsi di formazione professionale regionali di due anni. Il secondo anno si potrà fare facoltativamente in azienda e varrà come assolvimento dell’obbligo scolastico. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini si dice «favorevole a ogni iniziativa che permetta un rapido inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, consentendo così ai giovani di disporre delle competenze necessarie per trovare un’occupazione», e il suo collega di governo Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, bolla come «ideologia» ogni resistenza al provvedimento, argomentando che «migliaia di giovani tra i 14 e i 16 anni, superata la scuola media, né studiano né lavorano, e talora lavorano in nero», è però un coro decisamente alto e nutrito quello che tuona contro l’ipotesi prefigurata dall’emendamento Cazzola. Sono unanimi, e duri, i sindacati: la Cisl parla di scelta «frettolosa, e senza nessuna consultazione delle parti sociali»; la Uil ribadisce di «essere sempre stata a favore dell’innalzamento dell’obbligo scolastico e, di conseguenza, mai stanchi di ripetere in tutte le occasioni e le sedi quanto sia importante alzare il livello di istruzione dei giovani»; e la Cgil tuona contro l’«abbassamento dei diritti» e la «mera propaganda» che non aiutano certo a «risolvere temi centrali come il lavoro dei giovani e la lotta al sommerso». Per il sindacato di Guglielmo Epifani, anzi «l’abbassamento dell’obbligo scolastico a quindici anni attraverso l’apprendistato è sbagliato dal versante formativo, e per questo non deve essere approvato; ma è altrettanto grave che si tenti in questo modo di superare surrettiziamente mediante questa via anche l’età minima per lavorare, fissata per legge a 16 anni». Fuoco di fila anche dai partiti di opposizione. «La maggioranza e il ministro Sacconi hanno deciso di fare carta straccia dell’obbligo scolastico», commenta Giuseppe Fioroni, responsabile Pd area Welfare ed ex titolare del dicastero oggi affidato alla Gelmini. «Ancora una volta il governo Berlusconi, totalmente incapace di riforme si impegna a distruggere quelle fatte togliendo opportunità di futuro ai giovani e di sviluppo economico per il Paese», dichiara invece Mariangela Bastico annunciando «opposizione dura» da parte del centrosinistra. E dalla sponda Idv Antonio Borghesi, vice capogruppo alla Camera, è drastico: «Ci troviamo di fronte a un governo ignorante che incita all’ignoranza». Fa ironia infine la Rete degli studenti, secondo la quale l’emendamento passato in Commissione «traduce in legge la proposta di Sacconi di qualche settimana fa, di mandare cioè i giovani a raccogliere le arance al posto degli immigrati a Rosarno». Difende il provvedimento, invece, lo stesso relatore del disegno di legge e proponente della modifica che ha scatenato la polemica: «Il provvedimento riguarderà alcune decine di migliaia di quindicenni che dopo il primo anno di scuola superiore avrebbero continuato a vivere in ogni caso male l’obbligo scolastico di cui si sarebbero sentiti ostaggi». Quanto a Confindustria «contina ad insistere sul fatto che serve più formazione, più scuola», sottolinea Emma Maecegalgia, per la quale però la misura contestata può anche essere letta in un’ottica positiva «se è nella logica di dare una risposta al problema di chi abbandona la scuola. An. Pa. |