Messaggero: Scuola, in 41 mila chiedono la pensione
Cresciute del 64% le domande d’uscita: le donne temono la riforma in arrivo
di PIETRO PIOVANI
ROMA La scuola italiana a fine anno perderà 41 mila persone, fra insegnanti e personale non docente. Tante sono le domande arrivate all’Inpdap, l’istituto previdenziale dei dipendenti pubblici. Significa che le uscite sono aumentate del 64% rispetto all’anno scorso, quando i pensionamenti furono solo 25 mila. Tanta voglia di lasciare il lavoro non trova riscontri nelle altre categorie del pubblico impiego, che invece stanno registrando un tasso di pensionamento uguale o di poco superiore agli altri anni. Come si spiega allora il dato anomalo della scuola? Una spiegazione che all’Inpdap provano ad avanzare è la seguente: l’annuncio di una nuova riforma che colpirà quasi certamente le donne del pubblico impiego sta convincendo tante dipendenti ad andarsene appena possibile; e nella scuola la percentuale di donne è molto alta, quasi l’80 per cento del personale.
Le domande. Nella scuola le scadenze per chiedere di andare in pensione sono molto rigide. Le domande devono essere presentate all’inizio dell’anno, e l’uscita può avvenire nell’unica finestra disponibile, cioè a settembre. Il motivo è evidente: non si può consentire a un’insegnante di andarsene a metà anno scolastico. Per questo è già possibile calcolare con precisione quanti pensionamenti ci saranno nel 2009. E la cifra è 41 mila, cioè 16 mila in più rispetto al 2008.
I precedenti. In realtà basterebbe andare indietro di appena un altro anno per trovare una situazione simile a quella attuale. Nel 2007 le uscite nella scuola erano state persino più numerose, ben 50 mila. Allora però la corsa alla pensione riguardò tutto il mondo del lavoro, e fu la conseguenza di una riforma previdenziale già approvata: molti se ne andarono per evitare di essere colpiti dalle nuove regole.
La riforma. Già dall’anno prossimo probabilmente l’età pensionabile delle donne che lavorano nel settore pubblico comincerà a salire. Non si sa ancora di quanto: il governo si è riservato di decidere nelle prossime settimane, per martedì è fissata una riunione fra i ministri che potrebbe essere decisiva. Si tratta in ogni caso di stabilire regole uguali per donne e uomini: oggi in Italia un lavoratore raggiunge l’età della pensione a 65 anni, una lavoratrice a 60 anni, ma una sentenza della Corte di giustizia europea ci impone di eliminare (solo per il pubblico impiego) questa disparità. Sono state avanzate molte ipotesi di riforma. Una delle più accreditate è quella sostenuta, fra gli altri, dal parlamentare Pdl Giuliano Cazzola: innalzamento della soglia per le donne a 61 anni nel 2010, 62 anni nel 2012, e così via con gradini biennali fino ad arrivare a 65 anni nel 2018. Naturalmente si tratta ancora di ipotesi, non è ancora detto che le cose finiranno così; ma è probabile che molte donne, per prudenza, abbiano chiesto comunque di andarsene. Sia quelle che hanno già raggiunto i 60 anni, sia forse quelle più giovani che possono comunque andare in pensione “di anzianità”, ovviamente rimettendoci qualche euro.