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Messaggero-Scuola e giustizia, sì del governo alle riforme

Palazzo Chigi ha varato i due disegni di legge. Decreti per definire i programmi e i livelli dell'istruzione. Esami periodici per valutare i magistrati Scuola e giustizia, sì del governo alle riform...

16/03/2002
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Il Messaggero

Palazzo Chigi ha varato i due disegni di legge. Decreti per definire i programmi e i livelli dell'istruzione. Esami periodici per valutare i magistrati
Scuola e giustizia, sì del governo alle riforme
Da settembre iscrizioni a 5 anni e mezzo. Castelli: stop agli automatismi per le carriere dei giudici
di ANNA MARIA SERSALE

ROMA - I docenti diventeranno dipendenti delle Regioni. I primi a fare il salto saranno gli insegnanti dei professionali: 720 istituti statali con 400 mila iscritti verranno gestiti dai governi locali. Con gradualità l'intero personale della scuola lascerà lo Stato. E' una delle novità contenute nella riforma della scuola varata dal Consiglio dei ministri di ieri. Il progetto, comunque, verrà definito dopo l'approvazione in Parlamento e l'accordo con la Conferenza Stato-Regioni. Tra le altre novità importanti è previsto il doppio canale per l'istruzione superiore: vengono messi alla pari la scuola e l'avviamento professionale. Un punto, questo, su cui l'opposizione darà battaglia. "E' una concezione classista della scuola, dal momento che spinge precocemente i giovani al lavoro". Intanto, per i quindicenni ci sarà una chance. Per avvicinare il mondo della formazione al mercato del lavoro frequenteranno stage in azienda, in regime di "alternanza scuola-lavoro".
Confermata l'intangibilità del liceo: nessun taglio. Sull'ingresso anticipato si è deciso: "Due anni e mezzo per la materna e cinque anni e mezzo per la elementare". I bambini che compiano tre e sei anni entro il 28 febbraio 2003 potranno iscriversi, se lo vorranno, compatibilente con i posti disponibili. Rosicchiando un po' del vantaggio delle famiglie, è rimasto alle private la possibilità di reclutare i bambini di due-tre e cinque anni. I Comuni pronti partiranno a settembre.
L'accordo è frutto di faticose riunioni. Regioni e Comuni avevano lanciato l'ltimatum al governo: "O arrivano i fondi o non saremo in grado di garantire nè l'avvio anticipato delle elementari, nè la riforma nel complesso". I soldi erano l'ultimo vero ostacolo da superare. Il Tesoro aveva puntato i piedi: "Bisogna fare - aveva detto - altri tagli" prima di allargare i cordoni della borsa. C'è stato uno scambio di lettere tra il ministro dell'Istruzione Letizia Moratti e il collega dell'Economia Giulio Tremonti. Poi, l'accordo. "Che costerà altri posti di lavoro", sostiene Enrico Panini, segretario nazionale della Cgil-scuola. Reazioni negative anche dai Cobas che preparano uno sciopero per maggio, mentre lo Snals lancia un appello al Parlamento: "Speriamo che il potere legislativo eserciti pienamente le sue funzioni e garantisca l'unitarietà dell'istruzione". Già, perché l'ipotesi di affidare alle Regioni una quota dei programmi allarma i sindacati. E allarma un partito di governo, Alleanza nazionale. Ma le Regioni vogliono un ruolo centrale: i decreti attuativi, che avranno un'importanza decisiva, si faranno d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Del resto c'è la devolution e i parlamenti locali sanno che il futuro è nelle loro mani. Nel frattempo, l'opposizione affila le armi. I Ds promettono "guerra dura". E la Margherita avverte: "Così torniamo indietro di anni".


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