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Messaggero: Scuola cattiva maestra

I libri di testo adottati da elementari e medie sono costruiti in modo così rigido da allontanare gli studenti L’accusa di Pino Boero

17/09/2006
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Il Messaggero

di FIORELLA IANNUCCI
«LEGGERE, s’impara a scuola. Quanto ad amare leggere...». Ha davvero ragione il professore, lo scrittore Pennac ( Come un romanzo , Feltrinelli), mai rassegnato di fronte alla disaffezione dei più giovani nei confronti del libro. Già, ma di quale libro? E come è possibile che proprio nelle aule, luoghi per eccellenza di curiosità e di sapere, si compia così spesso il più orrendo dei misfatti, uccidere il piacere della lettura? Cosa e come leggono bambini e adolescenti a scuola? Domande legittime, su cui è difficile dare risposte. Intanto perché è impossibile passare in rassegna tutti i libri di testo adottati, in nome dell’autonomia didattica, dai collegi dei docenti nei singoli istituti (parliamo ovviamente di elementari e medie inferiori). Né normative, circolari, raccomandazioni ministeriali possono dar conto del libro di narrativa, la cui scelta, nella scuola dell’obbligo, è deputata al singolo insegnante. Eppure, qualcosa si può, e si deve dire.
«La scuola non è la buona maestra che dovrebbe essere almeno per quanto riguarda la lettura», dice Pino Boero, docente di Letteratura per l’infanzia e preside della facoltà di Scienze della formazione all’Università di Genova, che ci accompagna in questo excursus, non proprio esaltante, tra i libri scolastici. Le antologie, prima di tutto. Che «non si discostano molto dalle letture che si facevano a scuola vent’anni fa». Spiega: «E’ vero, si parla nei nuovi testi anche di fumetto, cinema, giornali e ipertesti, come se fosse il massimo della modernità, ma lo si fa sempre attraverso brani consueti, del tutto prevedibili». E poi, ecco il rigido apparato di note, commenti, finestre, glossari, questionari a rovinare tutto. Che si tratti di un “frammento” di Buzzati o della Mansfield, di Gramsci o di Terzani, di Sylvia Plath o di Kafka, non c’è modo di sfuggire a “riflessioni” obbligate, schede, riassunti. Risultato? La lettura diventa, per il nostro studente, un percorso ad ostacoli. E lo scrittore, anche il più bravo, un odioso e noioso “nemico”. «Lo stesso avviene nella scuola elementare - dice Pino Boero -, dove il libro di lettura è anche quello di grammatica. Perché è sull’apprendimento linguistico che si punta, più che sulla lettura».
A scuola bisogna pur imparare, si dirà. E la didattica ha le sue ferree leggi. Ma allora, perché lo stesso trattamento viene riservato anche al libro di narrativa? Sì, proprio quello “adottato” (curioso verbo per un romanzo) dal singolo insegnante per la sua classe. Ed eccola la prima sorpresa. Che si tratti di Uno yankee alla corte di re Artù di Mark Twain o di Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne, de L’ultimo lupo mannaro in città di Guido Quarzo o de Lo zio Cardellino di Luciano De Crescenzo, è l’edizione scolastica a prevalere. Con le sue immancabili note e schede didattiche. Le stesse case editrici si “sdoppiano” per il mondo della scuola. «C’è Einaudi a Torino, l’Einaudi scuola a Milano, l’Einaudi ragazzi a Trieste. E così per Mondadori, o Fabbri. Risultato? Vesti diverse per lo stesso romanzo. E anche il più bel libro finisce per essere “scolasticizzato”», dice Pino Boero.
Scrive Daniel Pennac in quel suo inno alla lettura che è Come un romanzo : «Lungo tutta la loro carriera scolastica, dalle elementari fino alle medie superiori, gli studenti si vedono imporre l’obbligo della chiosa e del commento. Le modalità di quest’obbligo suscitano in loro un tale terrore da privare la maggior parte di essi della compagnia dei libri... Il commento regna sovrano, al punto, il più delle volte, di sottrarci alla vista l’oggetto commentato».
Ma allora, che fare? «Intanto il bravo insegnante potrebbe mandare al diavolo le edizioni scolastiche di narrativa. E magari, adottare non uno ma più romanzi», dice Pino Boero. Resta da vedere se il professore è anche un buon lettore... «Vero - risponde lo studioso -. Ma davvero non me la sento di colpevolizzare gli insegnanti. Un po’ di pigrizia c’è, non c’è dubbio. Ma spesso mancano strumenti per l’aggiornamento e l’approfondimento: e la Letteratura per ragazzi, con i suoi autori e illustratori, resta ancora nella scuola dell’obbligo la Grande Sconosciuta». Non solo i Dahl e le Lindgren, ormai dei classici, ma le Fine, le May, i Ridley, le Pitzorno, i Colfer ecc., divorati “fuori orario” da quegli stessi ragazzini impietriti davanti all’ennesima “scheda di comprensione”. Già, accade anche al difensore della lettura, Daniel Pennac, e alla sua “fiaba” più bella, L’occhio del lupo , restare imbrigliato nelle griglie delle edizioni scolastiche. Perché alla Didattica nulla sfugge tranne il talento, proprio come capita a Matilde con la direttrice Spezzindue.
«La scuola potrebbe fare di più semplicemente eliminando quello che io chiamo lo “scolasticume” - dice Pino Boero. E un passaggio importante potrebbe essere il collegamento con le biblioteche civiche. Un bibliotecario di solito è molto più informato sulla rete di lettura. La biblioteca inoltre potrebbe fare da supporto alla scuola, con presentazioni di libri e incontri con gli autori».
Quanto alla scuola elementare, eccola la proposta dello studioso di Letteratura per l’infanzia: «Puntare sugli albi illustrati di qualità. Mai come in questo momento c’è un’editoria altamente specializzata, e molto attenta allo sperimentale. Sarebbe una festa per i bambini più piccoli». Perché, come sostiene Pennac, «il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo “amare”... il verbo “sognare”». Sarà un caso che Come un romanzo sia rimasto fuori dalle collane “scolastiche” di tutta Italia?


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