Messaggero: Piace alla scuola la maturità con il quiz «Finalmente ci allineiamo all’Europa»
L’ex ministro Berlinguer: «Bene, ma non sia l’unico metro di valutazione»
di ILARIA RICCI
ROMA - Sì all’introduzione del test Invalsi anche alla maturità. La novità lanciata ieri sul Messaggero dal ministro Mariastella Gelmini piace al mondo della scuola e anche all’università che sognano un esame «più europeo e po’ meno farsa». Negli ultimi anni, infatti, la prova ha perso smalto: sono fioccati troppi cento e lode (tanto che il ministro ha dovuto imporre una stretta), i testi delle prove sono regolarmente finiti su Internet poco dopo l’apertura delle buste (non solo i titoli, ma i fogli d’esame scannerizzati) e la presenza di docenti interni alle classi nelle commissioni ha spesso influenzato il risultato finale, facendo prevalere il buonismo sul rigore.
Il quiz Invalsi, ha specificato il ministro, dovrebbe essere «una cosa in più che farà parte della terza prova specifica. Si tratterà di test a risposta multipla». Il cambiamento potrebbe partire già dal 2012. Mario Rusconi, vice presidente dell’Associazione nazionale presidi e dirigente del liceo Newton di Roma, esulta: «Finalmente ci allineiamo alla tradizione anglosassone. E’ da anni che chiediamo che la terza prova, il cosiddetto “quizzone”, non sia gestita più dalle scuole, ma dall’esterno. In Gran Bretagna sono decenni che si fa così. Tuttavia - continua- servirebbe un periodo di sperimentazione prima di introdurre la novità nell’esame. E soprattutto bisognerebbe formare gli insegnanti. Se i docenti non sono in grado di preparare i ragazzi a sostenere un test più europeo la novità non servirà a nulla e sarà massacrata dall’opinione pubblica». L’esame di maturità che partirà martedì segue l’impianto progettato dall’ex ministro Luigi Berlinguer, che guarda di buon occhio all’idea della Gelmini e confessa: «Se fossi stato ministro più a lungo avrei introdotto anche io uno scritto di questo tipo come si fa in altri paesi europei da anni. Ben venga la prova di valutazione oggettiva- segue-, ma ad una condizione: che non diventi l’unico metro per giudicare gli studenti. Guai a ridurre l’esame ad un quiz». I vantaggi del test, comunque, secondo Berlinguer, sono evidenti: «Una valutazione di questo tipo introduce un elemento di equità in un esame in cui ci sono giudizi molto variabili da scuola a scuola, anche se gli studenti sono di livello simile. Il test consentirebbe di individuare i meritevoli con più oggettività. Oggi la poca credibilità della maturità è dovuta proprio alla disparità di valutazione che emerge dal territorio». Negli ultimi anni i cento e lode sono fioccati soprattutto al Sud. «Una disparità- prosegue l’ex ministro- che ha anche indotto l’università a non tenere conto del voto dell’esame nelle prove di ammissione alle facoltà. Comunque, oltre a introdurre il test, penserei anche a ripristinare le commissioni tutte esterne per dare ancora più serietà e rigore all’esame».
Anche l’università vede di buon occhio la novità. «Una prova nazionale- spiega il rettore della Sapienza, Luigi Frati- costringe la scuola ad un maggior rigore e questo è un bene. La maturità, negli ultimi anni, ha perso credibilità proprio perché c’è stato troppo buonismo. Così gli atenei hanno smesso di tenerne conto in fase di immatricolazione, anche se l’Europa suggerisce che una parte del punteggio del test di ammissione alle facoltà debba basarsi sul percorso scolastico. In futuro il voto del test Invalsi potrebbe incidere sul quiz delle facoltà a numero chiuso». Il Pd accoglie invece la novità con qualche perplessità. «Non ci stupisce- commenta la deputata Manuela Ghizzoni- l’adozione di uno strumento che fotografi i livelli di apprendimento dei maturandi. Ma sarebbe auspicabile- chiude- che i test a risposta multipla non si risolvano in quella strana mattanza prodotta dai quiz di ingresso ai corsi di laurea a numero chiuso