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Messaggero: Mercato del lavoro, la parola chiave è "formazione"

la crisi occupazionale

30/01/2010
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Il Messaggero

di ANGELA PADRONE
LA PERDITA di posti di lavoro si sta rivelando il frutto più amaro e più duraturo della crisi economica. Quest’anno, per la prima volta dopo più di un decennio ininterrotto di crescita, il numero degli occupati è diminuito e questo, ancora più del tasso di disoccupazione, ci dice quanto la situazione sia difficile. Tra le ricette intorno alle quali ci si arrovella per trovare una via d’uscita a questo avvitamento negativo, una sembra decisiva anche se in Italia incontra ancora diffidenza: è il concetto di “formazione”.
La formazione, e quindi la scuola, e la specializzazione, sono le parole chiave per parlare di lavoro, nel momento in cui non solo migliaia di lavoratori temporanei e outsider hanno visto svanire le loro opportunità di occupazione, ma anche tanti insider, che si credevano blindati (dipendenti di grandi e piccole aziende con il posto fisso), si sono ritrovati in cassa integrazione o disoccupati e con poche certezze riguardo al futuro. Ecco, sia per i più giovani che devono ancora decidere come entrare nel mercato del lavoro, che per i tanti adulti che devono riuscire a navigare, a lungo, fino alla pensione e oltre, l’importante sembra essere l’attitudine a sviluppare capacità, apprendere, reinventarsi spesso, in un mercato non scontato. E per farlo, la formazione è la strada decisiva.
In Italia il mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro, è particolarmente doloroso. Anche nell’ultimo anno, come più corposamente avveniva negli anni di crescita, ben 76 mila posti di lavoro sono rimasti vuoti. Erano posti per tecnici specializzati, che le aziende avrebbero ben remunerato, ma che non hanno trovato. Come mai? Forse questo dipende, in parte, proprio dalle nostre idee, o dalla nostra mancanza di idee intorno alla formazione, alla scuola, e al rapporto tra lavoro intellettuale e lavoro manuale.
Se ne è parlato all’inaugurazione di uno dei primi dottorati di ricerca in Formazione, all’università di Bergamo, sotto l’egida di Adapt e grazie al lavoro di Michele Tiraboschi, ex allievo di Marco Biagi. Le aziende sono il partner ideale della scuola, ha rimarcato Gianfelice Rocca, vicepresidente della Confindustria, ragionando sui lavori del futuro. Le aziende hanno bisogno di lavoratori, di bravi lavoratori. Ma se qualcuno pensa di procedere nel terzo millennio con l’antica divisione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, che già ha creato tante distorsioni negli ultimi anni, sbaglia. Savino Pezzotta, oggi parlamentare, ma con un lungo passato da sindacalista, ha sottolineato le profonde trasformazioni del mondo del lavoro, di fronte alle quali rischiamo di essere impreparati, il sindacato in primis. Nel futuro non ci saranno solo operai e impiegati, ma tanti nuovi operatori nei settori della cultura, del turismo, della salute, del benessere. Tecnici, fisioterapisti, progettisti, ma anche artigiani esperti, produttori di servizi alla persona, al tempo libero, alla cura dei bambini e degli anziani. “Saper fare” in tutti questi settori, e soprattutto “saper fare bene”, sarà sempre più importante per stare nel mercato del lavoro.
Ma il punto è che per fare ciò sarà necessario superare i parametri di una cultura idealistica che distingue nettamente tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, a scapito di quest’ultimo nell’immaginario collettivo (anche se spesso non nella busta paga). Il professor Giuseppe Bertagna ha ricordato che per imparare a far bene un mestiere servono circa diecimila ore di apprendimento. Questo vale per un chirurgo, per un restauratore, come per un idraulico. In questo sta l’importanza della formazione, che sia rivolta ai quindicenni, ai ventenni, o ai cinquantenni...
Se riuscissimo a superare le ideologie e le reazioni automatiche del XX secolo, per iniziare una nuova riflessione sul lavoro, senza più separare nettamente il corpo e la mente, forse aiuteremmo anche i nostri figli a cercare la propria strada nel mondo del lavoro con meno pregiudizi e più possibilità di realizzazione


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