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Messaggero: Meglio la nostra scelta del 5 in condotta

I docenti puntano sull’azione educativa e sulle punizioni socialmente utili

16/04/2009
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Il Messaggero

di ANNA MARIA SERSALE

ROMA - I buttafuori che prendono il posto dei supplenti per domare scolaresche indisciplinate e le aule di “detenzione” per isolare i più insubordinati da noi non raccolgono consensi. «La situazione italiana è molto diversa, il problema del bullismo c’è, ma non in quei termini, tant’è vero che la politica del cinque in condotta sta dando buoni risultati. Il cinque, che porta alla bocciatura, è uno spauracchio, un deterrente. Le misure della Gran Bretagna spero che qui non vengano mai adottate, crediamo nelle azioni educative con la sola repressione non si ottiene nulla», Mario Rusconi, dirigente del liceo Newton di Roma e presidente dell’associazione nazionale presidi della Capitale, boccia la linea del governo inglese. Poi Rusconi aggiunge: «Guardi, proprio da poco abbiamo avuto una grana. Una ventina di studenti del Newton su Facebook hanno scritto ingiurie contro di me e contro alcuni professori. Atto goliardico? Non proprio. Un attacco alle persone e all’istituzione tutta. Riunito il collegio docenti, abbiamo scritto ai genitori chiedendo quali saranno gli “atti riparativi”. Qualcuno mi ha chiesto consigli, ho detto che decidano loro, ma, per esempio, andrebbe benissimo se un padre dicesse che sua figlia è andata due pomeriggi alla Caritas a preparare i pacchi per i terremotati. Quello che importa, ripeto, è l’azione educativa». Un patrimonio, questo, che da noi unisce insegnanti, presidi, pedagogisti e psicologi.
Ma sono 40 mila i minori denunciati per atti di bullismo ogni anno in Italia, tra questi il 22% è di nazionalità straniera. La cronaca degli ultimi anni ha registrato episodi gravissimi. Il disabile picchiato in una scuola di Torino le cui immagini violente furono mandate sui telefonini e il ragazzo aggredito a colpi di catena a Roma dicono che anche noi dobbiamo fare i conti con il teppismo e la prevaricazione. Il fenomeno è preoccupante ed è in crescita. Abbiamo studenti ingestibili, turbolenti e aggressivi e studenti abituati a lunghe assenze ingiustificate, perciò gli ultimi governi hanno dovuto affrontare l’emergenza educativa che ha colpito anche l’Italia. Cominciò Giuseppe Fioroni, ministro della Pubblica Istruzione con l’esecutivo Prodi. Varò una serie di misure anti-bulli, dal divieto dei cellulari in classe alle sanzioni dure con la sospensione di 15 giorni e la bocciatura. Ha continuato Mariastella Gelmini, che è andata oltre, introducendo il cinque in condotta che farà media con le altre materie e che, preso nel secondo quadrimestre, porterà dritti alla ripetenza.
«Da noi il fenomeno sta diventando serio - sostiene Gigliola Corduas, presidente della Fnism, la Federazione nazionale degli insegnanti - I media e la società veicolano violenza e sopraffazione, di contro la scuola deve ritrovare il suo ruolo e così la famiglia. Non credo che la repressione e l’imposizione dall’esterno risolvano la questione, occorre l’azione educativa e formativa. Meglio “punire” con azioni socialmente utili, purché siano chiare le finalità. Insomma, meglio far ripulire i muri di un’aula che isolare uno studente in una specie di “prigione”».
«A scuola non possiamo usare i gorilla, nè i metal detector, quelle della Gran Bretagna sono misure davvero estreme - sostiene Gaetano Domenici, direttore del Dipartimento dei Processi formativi dell’università Roma Tre - La soluzione è quella di ridare autorevolezza alla scuola, restituendo agli insegnanti la stima sociale che gli è stata tolta. Non c’è più il riconoscimento dell’autorevolezza del maestro e questo è molto dannoso. A ciò si aggiunge la diseducazione dei genitori, incapaci di dire ”no”, mentre la scuola non riesce più ad arginare i problemi che la società ha prodotto, bullismo incluso. Se vogliamo uscire dall’emergenza occorre reimpostare le regole e agli insegnanti riconoscere l’alto compito di formare cittadini consapevoli».


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