Messaggero: La riforma Gelmini finisce su Nature
In un editoriale che analizza il progetto, e chiede al ministro di proseguire sulla strada tracciata dal suo predecessore Fabio Mussi, cioè quella di completare il processo che ha portato alla creazione dell'Anvur
ROMA - La riforma dell'università intrapresa dal ministro dell'Istruzione, università e ricerca Mariastella Gelmini approda sulle pagine di Nature. In un editoriale che analizza il progetto, e chiede al ministro di proseguire sulla strada tracciata dal suo predecessore Fabio Mussi, cioè quella di completare il processo che ha portato alla creazione dell'Anvur, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca. In modo da “seppellire” il meccanismo dei concorsi per il reclutamento di professori e ricercatori.
La rivista, dunque, boccia la riforma del sistema concorsuale contenuta in un decreto dello scorso 6 novembre che, spiega, tra l'altro rischia di produrre effetti nefasti sulla competizione nazionale per selezionare ricercatori e professori che deve iniziare a breve. Il ministro, scrive Nature, «ha introdotto un cambiamento relativamente piccolo nelle procedure delle commissioni che selezionano lo staff. Il risultato però, per niente trascurabile, è che quei concorsi, per 1.800 posti di professore, verranno ritardati almeno di tre mesi. E se vi saranno ricorsi in tribunale, come è possibile, il ritardo potrebbe dilatarsi oltre l'anno».
Per avvalorare la sua tesi la rivista fa di più, prova a trasferire il sistema italiano proposto da Gelmini a uno degli atenei più prestigiosi del mondo, oltre che degli Usa: il Mit (il Massachusset Institute of Technology) di Cambridge. «Immaginate - continua - se il Mit dovesse interpellare Washington ogni volta che voglia assumere un professore, quindi aspettare che l'amministrazione raccolga abbastanza domande a livello nazionale per decidersi a istituire dei concorsi necessari per permettere agli accademici di tutte le università di eleggere, per le discipline che competono loro, una commissione nazionale per scegliere il candidato. Una commissione dove, per di più, solo un rappresentante del Mit potrebbe sedere».
Il paradosso è tanto efficace perché evidenzia l'impossibilità per gli atenei prestigiosi, attraverso il metodo dei concorsi, di poter scegliere in autonomia e responsabilità i docenti. Una autonomia che, prosegue Nature, il Governo non vuole concedere alle università per scongiurare il rischio che gli atenei assumano professori in base a connivenze politiche locali piuttosto che al merito. «Ma se le università migliori ricevessero più finanziamenti statali, e quelle peggiori meno - rileva la rivista - l'incentivo a considerare la politica nel momento dell'assunzione verrebbe meno comunque». Meglio allora, «dare completamento alla riforma che ha portato alla creazione dell'Anvur, per dire la parola fine al sistema dei concorsi».
Da qui la conclusione: «Una riforma per le università è certamente necessaria. Poichè gli atenei non hanno responsabilità per qualsiasi decisione di reclutamento, e alcuni sono diventati lassisti, mastodontici e pigri. Ma le riforme devono essere fatte con una mano forte, esperta e abile. Qualcosa che la Gelmini per ora non ha mostrato di avere».