Messaggero: La Gelmini bacchetta i rettori:«Troppi prof a contratto, è un abuso»
Costretti spesso a insegnare gratis. Gli atenei replicano: i fondi non bastano
di ALESSANDRA MIGLIOZZI
ROMA - A.A.A. Cercasi docenti disposti a insegnare gratis. O quasi. In tempi di ristrettezze economiche, bilanci in rosso, fondi ridotti all’osso, le università mettono sul piatto anche questo: posti per insegnare che non vengono pagati. Va fatto subito un distinguo. Dentro questo calderone ci sono due filoni: i cosiddetti affidamenti e le docenze a contratto. I primi riguardano personale dipendente delle università che prende in affido uno o più corsi. Nel 90% dei casi non c’è retribuzione magari perché il prof che accetta deve completare il suo monte orario. Altre volte sì. Dipende dalla facoltà. Nel caso dei ricercatori, ad esempio, che non hanno obbligo di insegnare, il pagamento è quasi sempre un optional ma i più sperano che il sacrificio serva ai fini della carriera in ateneo. Poi ci sono le docenze a contratto. Un fenomeno che è esploso negli ultimi anni, come dimostrano i dati citati dal ministro Gelmini in una lettera di rimprovero ai rettori che avrebbero abusato di questo istituto. Il ministro, nella nota inviata a settembre, lamenta che i professori a contratto “esterni ai ruoli universitari” sono “sensibilmente aumentati” passando dai 20.848 del 2001 ai 34.726 del 2008. La riforma del 3+2 ha determinato questo boom: con la frammentazione dei corsi si sono moltiplicate le materie e sempre più spesso si è fatto ricorso al personale esterno per coprire la crescita di atenei e sedi distaccate.
All’inizio gli esperti dovevano solo portare il loro contributo tecnico. Oggi i professori a contratto insegnano di tutto e spesso sono pagati cifre simboliche. Così capita che qualcuno di questi, a sua volta, si circondi di assistenti pagati zero per farsi aiutare. «La situazione è degenerata- lamentano dall’Apri, Associazione precari della ricerca- ormai i corsi tenuti gratuitamente sono numerosissimi, anche perché nelle pieghe di questa situazione confusa c’è chi accetta in attesa di fare carriera». La facoltà di filosofia della Sapienza ha bandito, a giugno, tre contratti “a titolo gratuito” per l’anno accademico 2009/2010 destinati a persone di enti con cui sono state stipulate convenzioni, ma anche a “studiosi italiani o stranieri” e “esponenti del mondo produttivo”. A Firenze la facoltà di Architettura per la Scuola di beni architettonici ha bandito dei posti specificando che non sono previsti pagamenti. A Messina, a Giurisprudenza, sono stati banditi sette “contratti sostitutivi”: chi vuole insegnare gratis ha la precedenza. «E comunque- sottolinea Nunzio Miraglia, dell’Associazione nazionale docenti universitari- essere pagati poco è persino più grave di lavorare gratis: così si dequalifica il sistema». Anche per il senatore Pdl Giuseppe Valditara «in questi ultimi anni si è abusato dei professori a contratto. Bisogna far sì che ci siano requisiti stringenti di professionalità, la nuova Agenzia di valutazione, l’Anvur, dovrà verificare la qualità delle politiche didattiche. Più che a una norma generale, però, penso a accordi di programma con i singoli atenei che tengano conto delle varie specificità». Getta acqua sul fuoco Francesco Avallone, prorettore vicario della Sapienza: «Le facoltà hanno un budget modesto- spiega- con cui devono coprire docenze a contratto, affidamenti e attività di tutorato. Spesso i soldi per gli affidamenti non ci sono, ma del resto i posti sono dati a docenti già strutturati nell’università che uno stipendio ce l’hanno. Invece i contrattisti vengono pagati, anche se con cifre simboliche. La materia comunque andrebbe ridisciplinata». Marco Merafina che è a capo del coordinamento nazionale dei ricercatori è candidato per il Consiglio di amministrazione alla Sapienza. «Proporrò- dice- che ci sia un budget unico dentro l’ateneo per fare in modo che si paghino tutti coloro che insegnano».