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Messaggero: L'indipendenza degli scienziati e la pressione delle lobby

Una serie di notizie pubblicate in agosto su importanti giornali statunitensi mette in guardia il lettore nei confronti di un fenomeno che sembra si vada diffondendo negli Usa: i cosiddetti ghost writers o scrittori fantasma

23/09/2009
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Il Messaggero

LUCIANO CAGLIOTI
È TEMPO di crisi diversificate economica, ambientale, energetica, politica ecc. , e in questi casi ci si sorregge attaccandosi a ciò che sembra costituire un valore fisso, incontestabile. Si ricercano i fondamentali, e fra questi uno dei primi è la scienza. Attività da sempre inserita nel contesto dei pochi valori assoluti che l’uomo sviluppa: in tutti i tempi, in tutti i luoghi, lo sviluppo delle conoscenze è sempre stato per l’uomo un punto di forza. La verifica sperimentale è un must per ogni scienziato, è un simbolo di metodo condiviso, è la base della fiducia che il mondo profano ha nella scienza. Ci si fida della scienza perché le conclusioni vengono da misure, da nessi di causa ed effetto. Non che quello della scienza sia un mondo di santi, ma in genere, nei pochi casi registrati di millanteria quando non di vere e proprie frodi, il mondo scientifico ha reagito respingendo gli autori. Una serie di notizie pubblicate in agosto su importanti giornali statunitensi mette in guardia il lettore nei confronti di un fenomeno che sembra si vada diffondendo negli Usa: i cosiddetti ghost writers o scrittori fantasma. Nello specifico, persone di una certa cultura, in genere facenti parte dell’organico di alte scuole di medicina, disponibili a pubblicare a loro nome articoli riguardanti medicamenti e prassi mediche, commissionati e/o scritti per loro da ditte farmaceutiche. La cosa ha fatto un certo scalpore, e come sempre accade in casi del genere la discussione ha toccato vari aspetti dei rapporti fra il mondo industriale, le scuole di medicina, le agenzie preposte alle autorizzazioni della commercializzazione dei medicamenti. Il tenore degli articoli è in genere favorevole ad un certo prodotto, o rassicurante nei confronti di possibili controindicazioni, quando non ispirato a smentire voci o prese di posizioni negative rispetto a qualche medicina presente sul mercato e messa in discussione per qualche motivo. Il New York Times del 19 agosto riporta in un ampio e documentato servizio i pareri (in genere negativi) di alcuni docenti di bioetica, ed entra dettagliatamente nel merito della questione, che riguarda ditte di rilevante notorietà ed anche ricercatori situati in posizioni di livello. La problematica è complessa. Da un lato, senza finanziamenti industriali il progresso della scienza farmaceutica si arresterebbe, soprattutto per quanto riguarda i medicamenti biotecnologici che richiedono ampia disponibilità di mezzi ed equipes molto attrezzate. Dall’altro, quando ci si riferisce a medicamenti in commercio, la cautela deve essere il principio primo soprattutto da parte di chi gode della fiducia del largo pubblico in quanto ritenuto depositario di conoscenze valide e considerato “super partes” in questo delicato settore. Il N.Y.Times sottolinea che gli articoli in questione raramente riportano, fra i ringraziamenti, il fatto che la pubblicazione dell’articolo ha ricevuto un finanziamento da una industria, a differenza di quanto accade per i risultati di ricerche sperimentali sponsorizzate da industriali. Questo suscita una certa perplessità. I rettori delle università in qualche modo interessate stanno prendendo in mano la situazione, onde evitare che l’interpretazione che viene data possa essere a priori negativa e comportare una turbativa nei rapporti anche finanziari fra industrie ed università. Una situazione ambigua, che rischia di inquinare, anche a torto, il rapporto di fiducia che è la base sulla quale si costruiscono il delicato meccanismo di autorizzazione al commercio di un farmaco, le verifiche sperimentali, le revisioni periodiche necessarie e tutto il delicato sistema di finanziamenti e valutazione del rapporto rischi/benefici nella terapia.

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