Messaggero: Il Tar: «Gelmini riveda le graduatorie o commissario»
Un mese per inserire i precari sulla base del punteggio. Il Ministero: «Nulla cambia, in arrivo un emendamento»
di ALESSANDRA MIGLIOZZI
ROMA - Maledette graduatorie: ogni volta che un ministro ci mette mano scoppiano polemiche e ricorsi. La materia, infatti, è incandescente: più di 200.000 insegnanti aspettano in coda un’occasione per l’assunzione e quando una nuova regola rischia di vanificare certe attese i nervi diventano tesi. Ci sono passati altri ministri, e adesso tocca anche alla Gelmini che rischia il commissariamento perché il Tar del Lazio le ha dato torto: i docenti che desiderano iscriversi nelle graduatorie di altre tre province oltre alla propria, come prevede un decreto di aprile dello stesso ministro, non devono essere inseriti in coda, ma a pettine, ovvero in base al loro punteggio, anche a costo di scavalcare chi in quella graduatoria c’è da tempo. Il ricorso, partito dall’Anief, Associazione professionale e sindacale, riguarda un centinaio di insegnanti e i giudici danno ragione a loro: il decreto della Gelmini non va. Non solo: il Tar bacchetta il ministro per non aver dato seguito ad altre ordinanze già emesse in questa direzione.
Il pronunciamento del Tribunale amministrativo del Lazio (un’ordinanza di ottemperanza) è di venerdì e impone una scadenza al ministero: la situazione va regolarizzata entro 30 giorni, pena la nomina di un commissario (sarà Luciano Cannerozzi de Grazia, dirigente generale della Funzione Pubblica) che dovrà provvedere a mettere in atto quanto deciso dai giudici. L’ordinanza riguarda solo i ricorrenti, ma per ora. Dall’Anief spiegano, infatti, che «entro fine mese ci saranno altre 30 udienze che riguardano 7.000 persone, senza dimenticare che ulteriori 8.000 insegnanti si sono rivolti direttamente al presidente della Repubblica visto che erano scaduti i termini per il ricorso». Le graduatorie sono a rischio e forse anche nomine in ruolo e assunzioni a termine già fatte. Ma il ministero ha annunciato che arriverà in Parlamento un emendamento al decreto legge salva-precari (la norma individuata per garantire uno stipendio a chi ha perso il posto dopo i tagli) che consentirà di «rendere inefficace il pronunciamento del Tar e evitare il commissariamento» visto che «le scelte sono giuste e moderne». Mariastella Gelmini, infatti, è convinta che il suo decreto di aprile abbia dato una opportunità in più agli insegnanti ma al contempo non si può «deludere l’aspettiva legittima di chi ha scelto una graduatoria provinciale per la sua iscrizione e si vede scavalcato da un trasferimento dell’ultimo momento di un candidato di un’ altra provincia». L’emendamento del ministero bloccherà i trasferimenti di graduatoria. Saranno possibili iscrizioni in altre tre province ma in coda. Il Miur «va avanti», ma anche la battaglia dei precari, con l’Anief intenzionata a sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’emendamento del ministro: «Si potrebbe arrivare davanti alla Consulta», annuncia il presidente Marcello Pacifico. L’ordinanza del Tar è solo l’ultimo capitolo di una vicenda cominciata ai tempi dell’ex governo Prodi: già allora era previsto un inserimento in coda per chi cambiava provincia e già a quel tempo erano partiti i ricorsi che avevano sempre dato torto al ministero, anche davanti al Consiglio di Stato. Ad aprile, è arrivato il decreto Gelmini sulle tre province e sono arrivati i ricorsi con le prime ordinanze a favore dei precari. Il ministero è andato avanti per la sua strada. Ha fatto appello al Consiglio di Stato e ha perso, così ha inserito i docenti a pettine, ma «con riserva». Nel frattempo nomine e supplenze sono state assegnate con le regole del ministro a cui il Tar dà torto e chiede anche di pagare le spese processuali, 5.000 euro. «L’amministrazione soccombente dovrà dare puntuale esecuzione all’ordinanza» o arriverà il commissario. Per la Uil scuola gli interessati dalla vicenda sono «tutti gli iscritti nelle graduatorie, oltre 150mila docenti» perché comunque ci saranno cambiamenti nelle liste. Ma, con ogni probabilità, almeno per ora «non ci saranno sconvolgimenti pratici- dice il leader del sindacato, Massimo Di Menna - chi ha ottenuto il ruolo ad esempio non dovrebbe perderlo». Lo stesso sostiene l’Anief: «La prassi ci dice che l’amministrazione per evitare i contro ricorsi di chi è già stato assunto preferisce assumere anche il ricorrente avente diritto e comunque ci vogliono ulteriori procedimenti individuali». Quel che è certo è che sulle graduatorie regna la confusione. Per Mimmo Pantaleo, numero uno della Flc Cgil, «la responsabilità è unicamente del ministro che, anziché assumersi le proprie responsabilità attraverso un provvedimento legislativo chiaro e inattaccabile, ha demandato ad artifici amministrativi la soluzione del problema». La Uil chiede di «bloccare le liste e i punteggi per evitare altra confusione e di fare contratti pluriennali». La politica si spacca: il deputato del Carroccio Paolo Grimoldi parla di «dittatura dei magistrati», Pierfelice Zazzera, Idv, chiede le dimissioni del ministro, il Pd Tonino Russo di «dare attuazione» alle decisioni dei giudici.