Messaggero: Graduatorie addio e stipendi legati al merito
Nel disegno di legge Aprea la riforma delle carriere: i dirigenti sceglieranno i prof da un albo di abilitati
di ANNA MARIA SERSALE
ROMA - Rivoluzione a scuola, il merito sarà l’asse portante della riforma. Carriere differenziate per i docenti, aumenti salariali in base ai risultati ottenuti, una forte autonomia delle scuole, superamento del meccanismo delle graduatorie e una chiara definizione dei poteri del preside. La professione docente sarà articolata in tre distinti livelli: «Docente iniziale, ordinario e esperto, cui corrisponderà un distinto riconoscimento economico e giuridico, l’articolazione non implicherà una “sovraordinazione” gerarchica». Il ddl in Commissione Istruzione alla Camera ha fatto passi avanti e entro un anno la riforma potrebbe tagliare il traguardo. «Il sistema scolastico italiano soffre ancora di eccessivo statalismo, di centralismo, di ipertrofia legislativa e di un rapporto difficile con l’esterno. Un fatto, questo, che ha confinato la scuola in una specie di autarchia organizzativa, senza valutazione degli insegnanti, dei capi d’istituto e dei risultati di apprendimento degli studenti», lo ha detto Valentina Aprea, presidente della Commissione Istruzione, autrice del ddl discusso da maggioranza e opposizione, che, una volta approvato, con il lasciapassare del ministro diventerà testo base per il Parlamento. La Gelmini vuole riformare lo stato giuridico dei docenti. «Dobbiamo dare alla scuola un nuovo modello di reclutamento e di carriera», ha detto il ministro che pensa di legare «la retribuzione al merito». Secondo la Gelmini la «riforma della scuola è di importanza strategica per il Paese, non meno di quella sul federalismo fiscale o sulla giustizia». «Da sempre la carriera degli insegnanti è piatta - sostiene Valentina Aprea - con un unico snodo: l’assunzione a tempo indeterminato e la prosecuzione per sola anzianità, priva di differenze retributive o incentivi che dovrebbero essere legati a specializzazioni disciplinari, a diverse funzioni svolte o a specificità del territorio (penso a quei docenti che insegnano in contesti difficili). Non possiamo più rinviare, chi insegna ha diritto ad avere sbocchi di carriera, per questo dobbiamo pensare a una governance moderna, con una forte autonomia delle istituzioni educative, libere di motivare i docenti e personalizzare i percorsi». Dunque, standard professionali che, spiega la Aprea, conducano verso «il superamento del meccanismo delle graduatorie» e verso la «possibilità delle scuole di scegliere i propri insegnanti da un Albo professionale di abilitati (con opportuni sistemi di controllo, trasparenza e imparzialità) il cui accesso sia regolato da criteri rigorosamente nazionali». Ma i sindacati si oppongono. Rino Di Meglio, portavoce della Gilda, sostiene che «così non si realizza una efficiente selezione del corpo docente» e che «il reclutamento con la “chiamata diretta” degli insegnanti viola la Costituzione, la quale prevede che si arrivi alla cattedra per concorso». Di Meglio lancia accuse pesanti e rifiuta il piano del governo, anche se la Gilda è molto interessata alle carriere, giudicando «il disegno di legge basato su un’ideologia pseudo-aziendalista che finora ha solo arrecato danni all’istruzione pubblica».
Poiché la scuola tocca la vita delle famiglie, il governo vorrebbe raggiungere un’intesa bipartisan su una serie di punti. Eccoli: «Superamento del meccanismo delle graduatorie, distinzione dei poteri, da quelli di indirizzo a quelli di governo, definizione esplicita del ruolo del dirigente, risorse (per le scuole e per i singoli) legate alla qualità delle prestazioni professionali e dei risultati ottenuti). «Gli insegnanti devono essere dei professionisti, non degli impiegati - sottolinea ancora la Aprea - Oggi, invece, sulla base della rappresentanza sindacale appartengono a un’unica area contrattuale che comprende anche gli Ata (bidelli, amministrativi, tecnici, ndr)».
Ma dove troverà il governo i soldi per dare aumenti di stipendio a chi lo meriterà? Al ministero dell’Istruzione spiegano che almeno il 30% dei risparmi di spesa ottenuti con la «riorganizzazione degli organici» aggiunti ai «fondi recuperati con la lotta agli sprechi» serviranno a garantire una diversa politica dei salari. L’opposizione come reagisce? Luigi Berlinguer, ex ministro, e primo ad avere introdotto nel mondo della scuola l’idea del merito, è d’accordo sul principio di fondo. «Non c’è professione in cui si esca nello stesse condizioni in cui si è entrati - afferma Berlinguer - senza riconoscere l’esperienza e le competenze. Direi che ora le condizioni oggettive sono mature per una progressione di carriera sulla base del merito. Sì, le retribuzioni potranno essere diverse e le funzioni molto articolate, ma l’accordo con la maggioranza dipenderà dal modo in cui i problemi verranno posti. Se non ci sarà un prendere o lasciare allora discuteremo». Il tema delle carriere e degli stipendi differenziati sulla base del merito nella scuola è sempre stato esplosivo. «Ma non possiamo restare nell’immobilismo - ha detto il leader dei presidi, Giorgio Rembado - Dobbiamo scegliere l’innovazione contro quel partito del “no”, che è trasversale agli schieramenti politici e che si oppone a ogni idea di cambiamento». Secondo Rembado occorre fissare alcuni obiettivi chiari: «Scelta degli insegnanti per merito, attuazione concreta dell’autonomia, garanzia della qualità dell’istruzione». Obiettivi che possono essere conseguiti con alcuni strumenti essenziali, a cominciare dalla definizione a chi spetti «l’autorità e la responsabilità di decidere» l’organizzazione della scuola.