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Messaggero: Dipendenti pubblici, freno alle promozioni

Le amministrazioni statali e locali alla prova della legge Brunetta: molti gli ostacoli per applicare le nuove regole In vigore la norma che vieta gli avanzamenti di carriera senza concorso pubblico

07/01/2010
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Il Messaggero

PIETRO PIOVANI
ROMA Dall’1 gennaio le amministrazioni italiane non possono più promuovere i loro dipendenti senza bandire un concorso pubblico. In altre parole non possono concedere avanzamenti di carriera con accordi interni. Sono obbligate ad aprire il concorso a tutti i cittadini italiani, al massimo possono riservare agli interni una quota dei posti disponibili.
È una delle norme previste dalla riforma di Renato Brunetta. Una delle tante novità che dovrebbero cambiare la vita e il lavoro del personale pubblico. Ma per ciascuna di queste misure l’attuazione di quanto è scritto nella legge presenta non poche difficoltà pratiche. A cominciare dalla misura che più ha fatto discutere in questi mesi: quella che impone una distribuzione rigidamente selettiva dei premi di produttività.
Le promozioni. La norma sulle promozioni non è certo una novità assoluta per il pubblico impiego. Il principio è stato affermato nel 2002 già dalla Corte costituzionale, che in una sentenza ha dichiarato illegittimi i concorsi riservati ai soli interni. Cosa cambia allora con l’entrata in vigore della legge Brunetta? Per i dipendenti dei ministeri e dello Stato centrale non cambia praticamente niente, perché qui la prescrizione della Corte è una regola consolidata da anni. Per chi invece lavora nei comuni, nelle province, nelle regioni, qualche effetto pratico potrebbe esserci. In queste amministrazioni il principio del concorso pubblico è stato talvolta aggirato, facendo valere un altro principio costituzionale: quello dell’autonomia degli enti locali. Insomma, i comuni hanno sempre fatto un po’ come volevano, e lo stesso si può dire di province e regioni. Ora la legge Brunetta dovrebbe porre un vincolo più stretto per tutti, almeno in teoria.
Carriere e livelli economici. Dunque è vietato promuovere gli interni se contemporaneamente non si assume qualche esterno. E siccome di assunzioni e di concorsi in questi anni non se ne fanno quasi più, anche le promozioni sono di fatto bloccate. Le promozioni di cui stiamo parlando sono le cosiddette “progressioni verticali”. Cioè quegli avanzamenti che fanno salire il dipendente a un grado e a un ruolo superiore. Non rientrano in questo discorso invece le “progressioni orizzontali”, quelle che non comportano un vero avanzamento di carriera ma solo uno scatto economico sullo stipendio. Negli ultimi tempi i salti verticali nel pubblico impiego sono stati pochissimi: nel 2008 non è stato promosso neanche un dipendente ogni cento. Invece i salti orizzontali (cioè gli aumenti di stipendio) sono ancora molto frequenti: nel 2008 ha ottenuto la progressione economica un dipendente su 15, nelle forze armate uno su 6 e nei vigili del fuoco addirittura uno su 4.
I premi di produttività. La legge di Brunetta impone alle amministrazioni di distribuire le risorse per la produttività in modo molto selettivo, e molto rigido. Il 25% del personale deve essere premiato ricevendo un indennità maggiorata, un altro 25% deve invece essere punito il premio azzerato in busta paga. Ma uniformarsi a questa regola non sarà facile per le amministrazioni. Le difficoltà sembrano confermate da uno studio pubblicato recentemente dalla Ragioneria generale dello Stato. L’analisi segnala che grossa fetta delle risorse destinate al salario accessorio in realtà è già assegnata a voci contrattuali su cui non si può applicare la regola di Brunetta: straordinari, indennità di rischio, turni di notte, nonché quelle progressioni economiche orizzontali che ormai sono stabilizzate nelle busta paga.


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