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Messaggero: «Così, da noi, non va avanti nessuno»

Lucisano, docente di Scienze dell’Educazione: agli insegnanti stipendi migliori

09/09/2009
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Il Messaggero

ROMA - «La scuola italiana oggi non è elastica, non lascia spazio alle libere inclinazioni degli studenti, non valorizza gli interessi dei suoi alunni, ma tende ad allineare conoscenze e risultati, così non va avanti nessuno, né i meritevoli, né chi è debole e dovrebbe migliorare. Ad esempio i curricola sono molto rigidi, non c’è modo per un ragazzo di approfondire una materia in cui si sente forte».
Pietro Lucisano, presidente del corso di laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione della Sapienza dà ragione all’Ocse, la scuola italiana deve cambiare in senso meritocratico. Anche per quanto riguarda i docenti.
«Agli insegnanti- spiega- vanno dati stipendi migliori. E questa è la base. Quanto alla valutazione del loro operato, prima bisogna fornire agli insegnanti ambienti di lavoro adeguati con spazi per riunirsi e un computer per poter scrivere. Solo a quel punto si potrà procedere con il giudizio sul loro lavoro».
La Gelmini vuole dare stipendi più alti a chi lavora di più, lei è d’accordo?
«La scuola è una comunità di tipo cooperativo. Dare incentivi ai singoli può frenare l’attività di gruppo, che invece è necessaria. Sarebbe meglio gratificare i team che lavorano meglio. E magari al singolo insegnante si possono fornire gli strumenti per aggiornarsi».
Per l’Ocse i nostri bambini passano troppe ore in classe, è un danno?
«Effettivamente in Italia i bambini restano troppe ore dietro ai banchi, ma da noi la scuola ha un ruolo sociale preciso consolidato nel tempo: accoglie anche di pomeriggio bambini che fuori, ad eccezione di quelli abbienti, avrebbero poche cose da fare se non guardare la tv. Calare bruscamente le ore è difficile ma si potrebbe cambiare il modo di stare a scuola».
Passiamo all’università, gli stranieri ci snobbano, come mai?
«E’ inevitabile: chi glielo fa fare a venire in Italia e pagare 450 euro per una camera doppia? Il problema è di accoglienza: non siamo preparati per offrire servizi adeguati a chi arriva. E’ anche vero che i corsi in inglese sono pochi da noi».
G.A.


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