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Messaggero-Briciole per la ricerca, rischiamo la serie B.

Oggi a Roma Tre il convegno: "Testimonianze contro il declino dell'università". Tra i firmatari il Nobel Rita Levi Montalcini. Briciole per la ricerca, rischiamo la serie B. L'allarme degli scienzi...

17/03/2004
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Il Messaggero

Oggi a Roma Tre il convegno: "Testimonianze contro il declino dell'università". Tra i firmatari il Nobel Rita Levi Montalcini.
Briciole per la ricerca, rischiamo la serie B.
L'allarme degli scienziati: atenei troppo "provinciali e fuga di cervelli. Un appello al governo
di ANNA MARIA SERSALE

Gli scienziati chiedono a Berlusconi e alla Moratti di riconsiderare la politica economica in materia di università e ricerca. Chiedono un reale potenziamento dell'intero sistema, perché lo sviluppo scientifico dell'Italia rischia di "precipitare ai livelli più bassi d'Europa". Denunciano "lo stato di abbandono della ricerca di base", alla quale sono destinate solo "briciole". E aggiungono che lo fanno "non per "difesa corporativa", ma per la "rilevanza strategica" che la ricerca pura, al di là di quella di mercato, ha per il Paese.
E' l'Sos di intellettuali e scienziati. Economisti, umanisti, filologi, storici, fisici, astrologi, che si riuniranno oggi nell'aula magna dell'Università Roma Tre. Sono nomi eccellenti, tra cui il Nobel Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Paolo Sylos Labini, Cesare Segre, Dario Antiseri, Enrico Alleva, Alberto Piazza, Luciano Canfora e Andrea Carandini.
Mentre il cartello degli scienziati critica la politica del governo, dalle stanze silenziose dell'Accademia dei Lincei sta per partire un nuovo appello al ministro Moratti: "Rischiamo l'isolamento", questo il nocciolo del messaggio. Gli scienziati, intanto, sottolineano che l'"università italiana" rischia di diventare sempre più provinciale e che la "fuga dei cervelli" è frutto della "debolezza delle politiche nazionali" e conseguenza "dell'incertezza in cui la ricerca opera". Gli scienziati inoltre mettono in guardia dai pericoli della "privatizzazione", che allontana gli istituti dai loro "compiti istituzionali" e spinge alla "destrutturazione della ricerca nelle università". C'è una schiera di ricercatori, giovani o meno giovani, che rischia di diventare una "generazione perduta".
Dichiarazioni, queste, che la dicono lunga sulle preoccupazioni che girano tra gli studiosi. Eloquente anche il titolo del convegno di oggi a "Roma Tre": "Fare ricerca, testimonianze contro il declino dell'università". Gli interventi previsti dalle 9 alle 18. Paolo Sylos Labini, economista, lancia l'allarme: "Il difetto è nel manico, il peggio inizia con questo governo, con il decreto economico-finanziario di Tremonti, a giugno del 2001. Avevo avvertito che, con la congiuntura Usa, anche l'Italia avrebbe sofferto. Non c'era bisogno del profeta Ezechiele, bastava ascoltare noi economisti, per sapere che i condizionamenti sarebbero stati pesanti. Ecco perché bisognava stabilire delle priorità irrinunciabili: scuola, università e ricerca. Al contrario la ricerca, che deve servire allo sviluppo del Paese, è rimasta una Cenerentola. Ma non è solo un problema di soldi. E' in pericolo anche l'autonomia e la libertà, per effetto dell'instabilità dei ricercatori, i quali non hanno certezze per il futuro. Così, se uno è mal visto o non è sostenuto dai potenti, può anche arrangiarsi".
Il ministero dell'Università, dal canto suo, ribadisce la ferma volontà di "sostenere la ricerca". "Per noi è una priorità, i fondi sono garantiti". Ma il braccio di ferro continua.
Cesare Segre, letterato e filologo, denuncia il fatto che sono "a rischio anche gli studi umanistici", che hanno bisogno di finanziamenti come le scienze. "Ogni progresso - sottolinea Segre - cancella le vecchie ipotesi, le supera. In ambito scientifico la tradizione pesa molto meno, tutto ciò che si è stampato negli ultimi dieci anni è vecchio. Ma la spinta ad andare avanti non riguarda soltanto il mondo scientifico. Da umanista posso dire che fotografie e microfilm non sostituiranno mai il testo originario o manoscritto, fondamentale per le annotazioni. L'antichità è un valore. Anche noi dobbiamo viaggiare, andare negli archivi, nelle biblioteche, nei luoghi dove i testi sono conservati".
"E' vero, le università rischiano il declino - sostiene lo storico Luciano Canfora - Faccio un esempio concreto. L'insegnamento universitario è lo sbocco della ricerca, senza alcun trionfalismo l'università è il luogo principale in cui debba essere fatta. Invece, la riforma di Zecchino e della Moratti impongono in forma ossessiva l'impegno delle 120 ore di cattedra. Impraticabile. Non ci sono nè lo spazio nè il tempo per fare tutte queste lezioni. Bisognerebbe centuplicare le aule, dividere gli studenti, farli a "pezzi", da una parte la testa, dall'altra i piedi. Questa idea ossessiva dell'insegnamento frontale, dei docenti occupati solo e unicamente a fare lezione, per un numero assurdo di ore, è un'altra minaccia che pesa sulla ricerca. E' un modo per umiliare noi, in qualità di ricercatori. Possibile che non abbiano capito che se studio e ricerca vengono disgiunti dall'insegnamento l'università diventa un liceo? Concludo, affermando che ogni riforma che non rispetti il ruolo della ricerca è una ricerca sbagliata"."


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