Messaggero: Attilio Oliva: «Giusto punire gli studenti indisciplinati, ma vanno valutati anche i prof»
la scuola risulta noiosa e poco interessante. E loro, gli studenti, attivano strategie di difesa: studiano il minimo, per essere promossi con poca fatica
ROMA - La scuola italiana ha risultati deludenti. Il 72% degli studenti delle superiori ha almeno una insufficienza, la percentuale sale al 78% nei tecnici e all’80% nei professionali. Che cosa ne pensa?
«Partiamo da una considerazione. Il primo quadrimestre è poco significativo per i risultati scolastici. I voti in questa fase vengono usati anche come “minaccia” per i meno impegnati e per i più discoli. Perciò è improprio tirare valutazioni su risultati ancora provvisori». All’intervista risponde Attilio Oliva, presidente dell’Associazione Treelle e già amministratore delegato della Luiss.
Per la prima volta viene dato il cinque in condotta. Un giro di vite nella scuola del lassismo, dopo tanti episodi di violenza. E’ favorevole?
Il voto in condotta è un fatto nuovo. Il cinque è il segnale di una condotta inaccettabile, una condotta che può portare alla bocciatura. Prima il sette comprendeva i casi gravi e i casi gravissimi, ora ci sarà una scala, il voto in condotta sarà graduato. Certo, giudicare il comportamento è segnale di maggiore controllo, è stato accolto dalle famiglie con favore. Ma se ci limitiamo a questo il voto in condotta diventa inefficace».
E allora, che fare?
«Tutto deriva dal comportamento degli adulti. Avere genitori lassisti e disinteressati e insegnanti severi è diseducativo e anche un po’ schizoide. Avere insegnanti severi ma non adeguati, e di questi ce ne sono troppi, è diseducativo. Chi valuta gli insegnanti? Nessuno. La severità a senso unico è diseducativa. Neppure si riesce ad allontanare i troppi notoriamente inadeguati».
Insomma, ci vuole un voto anche per gli insegnanti?
«Certamente, senza valutazione la scuola non può funzionare. Occorre essere severi con i ragazzi ma anche con i loro maestri. Invece, gli esempi sono altri. Però il rigore non può essere a senso unico. Il voto in condotta dovrebbe essere considerato uno dei mille strumenti da utilizzare, senza limitarsi ad agire sugli effetti e non sulle cause».
Ma torniamo al profitto, se sette ragazzi su dieci hanno insufficienze ci dobbiamo preoccupare. Quali sono le cause che hanno portato a questo?
«I ragazzi possono essere più o meno interessati a quello che si insegna a scuola. Però una cosa è certa, per apprendere servono tre elementi: motivazione, curiosità e coinvolgimento. Ma le nostre scuole in generale non sono stimolanti. Propinano un numero di materie inverosimile, per un numero di ore inverosimile, più di mille ore l’anno di lezioni frontali, con metodologia didattica deduttiva, non induttiva, i laboratori, per esempio sono pochi e poco utilizzati. Così spesso i ragazzi non capiscono le cose che studiano. La nostra didattica non è fatta per appassionare, incuriosire e coinvolgere. Ovviamente non si può generalizzare. Ci sono casi straordinari. Però la scuola risulta noiosa e poco interessante. E loro, gli studenti, attivano strategie di difesa: studiano il minimo, per essere promossi con poca fatica».
Lei ha parlato anche di un numero esorbitante di materie
«Già, in media abbiamo dodici materie, tra l’altro obbligatorie. Non sono previste le materie opzionali. Ma l’obbligatorietà di nuovo va contro la motivazione e la curiosità. Conclusione: la nostra scuola è ancora troppo vecchia, dovrebbe rinnovarsi. Intanto i poveri insegnanti sono buttati sul campo senza che nessuno li aiuti a essere bravi insegnanti».
I ragazzi hanno problemi nelle lingue, perché?
«Nei nostri curricoli e nei licei di vario tipo insegnano due lingue, la causa è che nel passato si studiava molto francese e adesso c’è più necessità di insegnanti di inglese. La riconversione è difficilissima, di qui le resistenze e le difficoltà dei ragazzi a dover studiare più lingue per poche ore e con risultati modesti».
A. Ser.