Messaggero: Atenei, diecimila posti da prof per evitare il blocco dei corsi
Da ricercatori ad associati: ecco il progetto della maggioranza
di ALESSANDRA MIGLIOZZI
ROMA - Consentire a 9-10.000 ricercatori di diventare professori associati nell’arco di 5-6 anni. È la soluzione a cui stanno pensando governo e maggioranza per mettere un freno alle proteste che rischiano di bloccare l’università. Si parla di un possibile emendamento alla riforma Gelmini, ma non è del tutto escluso un provvedimento ad hoc per evitare di rimandare al Senato il disegno di legge. La selezione avverrebbe, comunque, su base meritocratica. Lo scopo è evitare l’ope legis. Niente infornate di massa di professori come negli anni ’80. I 9-10.000 sono solo una parte dei 26mila ricercatori a tempo indeterminato presenti nell’università italiana e sono quelli, secondo i calcoli fatti, più toccati dalla riforma che non agevola la carriera del personale attuale in quanto non offre concorsi ad hoc e lo mette in concorrenza con le nuove leve a tempo determinato per la docenza. Solo in 10mila avrebbero l’età e le qualifiche per aspirare a diventare professori. Gli altri o sono prossimi alla pensione o troppo giovani.
Intanto ieri le associazioni del personale della ricerca sono state ascoltate in commissione Cultura alla Camera, dove si sta vagliando il testo in tempi strettissimi: il termine per gli emendamenti dovrebbe essere fissato già per domani mattina, mentre il ddl andrà in aula la prossima settimana fra lunedì e martedì. «Ma non è vero che abbiamo strozzato il dibattito, abbiamo fatto molte audizioni», ci tiene a dire la relatrice, la Pdl Paola Frassinetti. Ieri le associazioni della ricerca, dal Cnru (il Coordinamento nazionale), alla Rete 29 Aprile, passando per Air (Associazione della ricerca) e Apri (Associazione precari della ricerca), hanno fatto numerosi rilievi al ddl e presentato le loro proposte che sono «molto differenziate», ha sottolineato il relatore. Il Cnru chiede di dare a due terzi dei ricercatori attuali la possibilità di diventare associati previa valutazione «e comunque con modalità straordinarie, vista la situazione straordinaria», spiega il portavoce Marco Merafina. La Rete 29 Aprile invece non accetta «contentini», no «ai concorsetti per mettere a tacere la protesta. Servono interventi più strutturali perché nel futuro ci sia una università che funzioni, con risorse e concorsi certi- spiega Alessandro Ferretti-. Per ora la riforma lascia gli atenei in mano a coloro che li hanno distrutti, i baroni: i giovani sono esclusi dagli organi di governo». Divisi sui contenuti ma uniti nella protesta: senza soluzioni il no alla didattica va avanti, hanno detto i ricercatori ai commissari. L’opposizione parlamentare, intanto, è in allarme «per come viene strozzato il dibattito - spiega Manuela Ghizzoni, del Pd- domani si consegnano gli emendamenti, ma quando si discutono se la prossima settimana si va in aula?».
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