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Messaggero: Atenei contro le pensioni anticipate: «Non mandiamo a casa i luminari»

Coro di no all’ipotesi di far uscire i docenti a 65 anni. Scontro sui ricercatori

26/07/2010
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Il Messaggero

di ANNA MARIA SERSALE

ROMA - Università in rivolta contro l'ipotesi di anticipare a 65 anni l'età della pensione. Piovono critiche non solo dai vecchi baroni ma anche da molte associazioni vicine alla sinistra, che vedono il rischio di un «ulteriore impoverimento» degli atenei. Il "no" è sostenuto da un fronte trasversale che respinge la proposta partita dai banchi del Pd per «dare spazio ai precari» e ringiovanire la classe docente: il 26,6% dei quasi 20 mila professori ordinari ha più di 65 anni e il 54% dei docenti supera i 50 anni.
«Non possiamo mandare a casa i luminari», afferma Franco Asciutti, capogruppo Pdl in Senato. Firmatario di due emendamenti, Asciutti sostiene che la soluzione l'hanno già trovata: «Attualmente si va in pensione a 72 anni, in realtà noi volevamo solo eliminare i due anni finali. L'idea dei 65 anni non va bene, per questo presenterò due emendamenti: gli ordinari andranno in pensione a 70 anni e gli associati a 68, su questo concordano tutti». «Sui 70 anni per gli ordinari ci sarà il voto favorevole anche di molti senatori dell'opposizione, negli Stati Uniti, per esempio, non c'è limite di età per i professori universitari», sottolinea Giuseppe Valditara, relatore del ddl di riforma. Ma la questione è solo in apparenza risolta. Il ministro Gelmini che giustamente vuole «accelerare l'ingresso dei giovani nel mondo dell'università» dovrà comunque mettere a fuoco dei criteri meritocratici, non potrà limitarsi a fissare l'età della pensione. «Giovani sì, ma senza concedere alcuna ope legis», ribadisce il ministro.
Contrario al pensionamento anticipato anche il Consiglio universitario nazionale, presieduto da Andrea Lenzi. Il Cun ha votato una mozione in cui duramente stigmatizza la proposta: «Non è neppure inserita in un disegno organico di revisione dello stato giuridico dei docenti». «L'età non c'entra - osserva Lenzi - Occorre una valutazione qualitativa. E poi siamo contrari all'ipotesi della pensione a 65 anni perché non ci sono le condizioni: comporterebbe il dimezzamento del numero degli ordinari nel giro di pochi anni».
Nunzio Miraglia, portavoce dell'Andu, l'associazione dei docenti universitari, parla di «grande imbroglio». «Se vogliono realmente ringiovanire l'accademia - incalza Miraglia - ci inseriscano in ruolo a 30 anni e non a 50, dopo una vita di precariato... Vogliamo i concorsi, non il taglio degli anni alla fine».
Intanto, c'è chi vede rischi in Parlamento. Il nuovo scontro fermerà la legge? Dopo le scintille provocate dai "poteri" concessi ai rettori e dopo le furiose polemiche sul «40% di esterni che siederanno nel Consiglio di amministrazione», il voto in Senato che è in programma per domani slitterà? «Nessun rinvio, la legge verrà approvata - afferma Asciutti - E' tutto calcolato e i tempi sono contingentati».
Ma c'è un'altra castagna sul fuoco. I ricercatori precari, altro motivo di scontro. La nuova legge quanti posti riserva a chi di fatto già lavora nell'università? Riserva i due terzi dei nuovi posti: solo un docente ogni tre proverrà da fuori. E la definizione di esterno sarà comunque abbastanza elastica: potrebbe comprendere anche un ex allievo temporaneamente in altra università. Ma è possibile che con qualche altro emendamento la quota di esterni venga ulteriormente abbassata. Comunque, la nuova composizione del Consiglio di amministrazione continua a mietere critiche: prevede l'ingresso di almeno il 40% di esterni. Secondo molti professori questa norma consegna "poteri assoluti" al nuovo Cda, con un duplice effetto: «Rafforzare le oligarchie che hanno portato gli atenei al dissesto» e «ridurre gli atenei a organismi lottizzati, stile Asl». Con il «rischio anche di compromettere la libera ricerca e l'autonomia accademica». Di altro parere il mondo imprenditoriale. La Confindustria, sollecita la riforma «perché darebbe una governance migliore agli atenei, conciliando l'autonomia con l'obbligo di responsabilità, evitando bilanci in rosso e concorsi truccati».


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