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Medici sotto i 30 anni Il governo accorcia i tempi per le specialità

E il tirocinio inizierà prima della laurea

29/07/2011
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La Stampa

Luana Silighini

Medici col camice già a 27 anni: la specializzazione in area sanitaria, in linea con gli standard europei, durerà un anno in meno. Le specialità chirurgiche passano da 6 a 5 anni, quelle mediche da 5 a 4 anni o addirittura 3 per alcune aree particolari come Medicina dello Sport, Fisioterapia e Scienza dell'alimentazione. Ci sarà la possibilità di svolgere il dottorato contemporaneamente alla specializzazione. E il tirocinio di tre mesi, che attualmente si svolge dopo la laurea, sarà inglobato nello stesso iter formativo in modo da accorciare ulteriormente il percorso di studi (il cui accesso, però, rimarrà a numero chiuso).

Queste le principali novità del percorso di studi in medicina illustrate ieri, a Palazzo Chigi, dai ministri dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, e della Salute, Ferruccio Fazio: «L'obiettivo dei provvedimenti - ha spiegato Gelmini - è rafforzare la qualità della formazione specialistica post laurea, accrescere la partecipazione degli specializzandi all'attività professionale con esperienze sul campo per rendere più compatto il percorso complessivo ed evitare i tempi morti tra una fase e l'altra». Il ministro Fazio ha sottolineato come questa misura ci allinei con gli altri paesi europei riformando strutturalmente l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro: «Oggi uno studente si immatricola a 19 anni, si laurea a 25. Dopo sei mesi si abilita con l'esame di Stato, quindi arriva a 25-26 anni. Poi si iscrive alla specializzazione, dalla quale uscirà a 31-32 anni per confrontarsi col mondo del lavoro solo a 32-33 anni. Con le nuove regole, a 29-30 anni si è già specializzato, guadagnando dunque circa tre anni e mezzo rispetto a prima».

D'intesa con il Consiglio universitario nazionale saranno definiti ordinamenti delle scuole che prevedano una maggiore partecipazione degli specializzandi all'attività professionale, con un modello 2+2 o 3+2, e cioè con una prima metà di formazione più teorica, seguita da una seconda metà dedicata all'attività diretta dello specializzando. In sostanza, dopo due o tre anni di specializzazione, lo studente potrà cominciare a lavorare all'interno dell'ospedale. «Si crea - ha affermato Fazio - la nuova figura del medico “resident”, quella che vediamo in tutte le serie televisive americane e che è necessaria anche nel nostro Paese». Ma per accedere a Medicina - una delle facoltà più ambite, lo scorso anno in palio c'erano stati meno di 10mila posti contesi ai test da almeno 100 mila concorrenti - resterà il numero chiuso: «Attualmente - ha precisato il ministro della Salute - abbiamo 4 medici ogni 1.000 abitanti a fronte di una media Ocse di 3,3. Con le nuove regole la nostra media scenderà a 3,5 rimanendo dunque ancora superiore a quella Ocse. Il numero di medici che escono dalle facoltà a numero chiuso copre le necessità del Paese e non riteniamo di aver bisogno di nuovi medici».

Reazione positiva alla riforma da parte dell'Anaao-Assomed, il sindacato dei medici dirigenti, che però chiede «un cambio di passo nei rapporti tra Sistema sanitario nazionale e Università. Bene la riduzione del percorso formativo in medicina, ora miglioriamo la qualità». Parere favorevole anche dei Giovani medici che propongono l'istituzione di un tavolo interministeriale di esperti che «definisca tutti gli adempimenti necessari ad attuare le innovazioni annunciate». La Cgil auspica invece «che i contratti a termine nei servizi sanitari regionali negli ultimi due anni di corso non trasformino la formazione sul campo in sfruttamento».
 


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