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Mattino-La scuola dei senza bocciati.

Nessuna selezione, ecco i limiti della formazione di massa La scuola dei senza bocciati. Gli esami di maturità volgono alla fine e tra pochi giorni avremo i risultati definitivi sui promossi. I boc...

09/07/2004
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Il Mattino

Nessuna selezione, ecco i limiti della formazione di massa
La scuola dei senza bocciati.
Gli esami di maturità volgono alla fine e tra pochi giorni avremo i risultati definitivi sui promossi. I bocciati a Napoli, secondo le prime stime, sarebbero il 5%, ma la percentuale di promossi a pieni voti sarebbe tale da compensare l'insuccesso formativo di quello scarno 5%. Magari il numero dei respinti alla fine sarà un po' più alto, ma sempre in linea con il trend degli ultimi anni. Insomma, possiamo essere contenti. La nostra scuola superiore ha un indice di successo elevatissimo, per cui volerci mettere le mani con consulenti e riforme suona come una vera insensatezza, un insulto all'intelligenza, uno spreco di denaro.
Un marziano disceso sul nostro sistema scolastico avrebbe proprio questa impressione: politici, esperti e un'opinione pubblica da essi aizzata che da anni discettano su come cambiare una fabbrica del sapere che funziona benissimo. Il marziano capirà tutto, se gli si spiegherà che la follia è solo apparente, perché quell'indice di successo è solo fittizio, come del resto altri indici in questo paese. Chi abbia pratica del reale stato del sistema formativo sa bene che cosa significa: la scuola ha perso qualsiasi funzione reale come agenzia di selezione pubblica dei talenti, impegnata a compensare le disparità delle condizioni di partenza, erogando pressoché a tutti un "certificato" di riuscita didattica e formativa. Certificato molto spesso fasullo, sia sul piano delle nozioni e delle abilità acquisite, se deve valer qualcosa il riscontro che se ne ha all'università, sia sul piano della mera formazione del cittadino, se hanno valore di indicazione almeno alcune derive comportamentali dei nostri adolescenti. Per altro ciò vuol dire che la scuola, rinunciando a tassi credibili di selezione del successo formativo, ha da tempo rinunciato a una reale autovalutazione dei suoi stessi processi e risultati didattici. Realizzando così l'adagio, un tempo famoso: io vi promuovo, sarà poi la vita a giudicarvi.
In quest'abbandono di una sua specifica responsabilità democratica la scuola è stata ampiamente aiutata da una cultura formativa in cui l'obbligatorietà della scolarizzazione doveva tradursi nell'obbligatorietà del suo successo per tutti, scaricando spesso sulla classe docente, demotivata e declassata (bassi stipendi, carente formazione specifica, selezione affidata ai criteri più disparati, scarse risorse generali) l'intero onere del raggiungimento del successo scolastico degli studenti. Alla fine deresponsabilizzando studenti e famiglie, con scuole-aziende motivate da tutto, cultura circostante e normativa, a sfornare il maggior numero possibile di prodotti formativi, con tanto di bollo di maturità. Assecondando in realtà una società dove la selezione, che è funzione dell'accesso al sapere, da anni tende a dislocarsi sempre più fuori dalle agenzie formative pubbliche. Tendenza del tutto coerente con un assetto sociale sempre più chiuso corporativamente nei suoi circuiti di rassicurazione familistici e professionali.
Da alcuni anni è all'università che si chiede sempre più di entrare nella stessa logica e nella stessa subcultura formativa di massa. Con una variante di indecisione. Non si sa se chiedere all'università di porre riparo alle difficoltà della nostre scuole superiori, trasformando almeno il suo primo livello, la laurea triennale, in strumento di recupero del debito formativo di massa dei nostri giovani; ovvero di adeguarsi sic et simpliciter all'andazzo degli indici di successo fittizi, assumendo come parametro principe di validità di un corso di studio universitario il numero di laureati. Il che ovviamente è più funzionale a intercettare incentivi ministeriali, che effettive opportunità e bisogni sociali. Se proprio si vuole restare in un'ottica aziendale, si dovrebbe almeno por mente al fatto che persino nella gare d'appalto, per rendere credibile la qualità di una fornitura e di un manufatto, non si accetta un ribasso oltre misura dei prezzi. Per chiudere ecco una provocazione: quando un fisiologico indice di insuccesso formativo sarà valutato come criterio di attendibilità di un processo formativo? È inutile dire che i primi ad avvantaggiarsene sarebbero quelli che tra le mani si ritroverebbero un sapere reale e non un pezzo di carta: i nostri giovani.

Eugenio Mazzarella"


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