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Mattino: Epifani attacca il governo: vive alla giornata

«Il governo è costretto a lavorare giorno per giorno, senza un orizzonte temporale e paradossalmente vanno a buon fine cose microcorporative che un esecutivo come questo non dovrebbe fare».

31/03/2007
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Il Mattino

GIUSY FRANZESE Roma. L’attacco è ancora più evidente, perché arriva nel giorno in cui la «lenzuolata» di Bersani diventa finalmente legge e il giorno dopo la seconda tornata di concertazione a Palazzo Chigi. Non è uomo da pronunciare parole in libertà, Guglielmo Epifani. Non è uomo che si fa prendere dalla foga oratoria e va oltre il suo reale pensiero. No, il segretario nazionale della Cgil, non è uno che dice le cose a caso. E così, forse le parole di ieri non volevano essere un siluro al governo, ma un avvertimento, un pressing, certamente sì. Così non va, attacca Epifani: «Il governo è costretto a lavorare giorno per giorno, senza un orizzonte temporale e paradossalmente vanno a buon fine cose microcorporative che un esecutivo come questo non dovrebbe fare». Ci vorrebbe programmazione, sostiene, nonostante la fragilità intrinseca di una maggioranza assolutamente esigua al Senato. Invece «il governo non sa quanto durerà» e lavora «senza un principio di selezione delle priorità, vivendo così in uno stato permanente di necessità». Non deve essere facile per il leader del più grande sindacato italiano, quello che ha le sue fondamenta nel mondo della sinistra, spiegare ai suoi perché i salari - come ha confermato anche l’Eurispes - perdono di valore, e questo governo fa finta di non accorgersene. Non deve essere facile tenere a bada la propria minoranza che scalpita perché intravede all’orizzonte una batosta sulle pensioni. Non è semplice spiegare come mai un governo che sulla carta doveva stare dalla parte dei lavoratori, proprio con i suoi dipendenti, quei lavoratori pubblici sempre più spesso additati come «fannulloni», traccheggia sul rinnovo del contratto e nel frattempo annuncia piani di mobilità territoriali. No, proprio non deve essere una posizione semplice quella di Epifani. Che, infatti, già da giorni manda messaggi per far capire che il bicchiere è quasi colmo ed esce con la faccia scura dagli incontri a Palazzo Chigi, decisamente più scura di quella dei suoi colleghi di Cisl e Uil. Ieri Epifani è stato ancora più esplicito. «Stiamo attenti e alziamo la voce» ha esortato, parlando a un convegno sull’Università organizzato a Roma dalla Flc-Cgil. Il suo timore è che - con le amministrative alle porte - per recuperare un po’ di consenso il premier si lasci convincere da chi nella maggioranza spinge per interventi popolari, ma che non risolvono i veri problemi. Cosicché alla fine a rimetterci, o almeno a non usufruire dei benefici, saranno ancora i redditi meno abbienti. «Se metto assieme l’intervento sull’Ici e il mancato intervento sulle rendite finanziarie, vedo che il tesoretto è praticamente già finito, consumato, in qualche modo tolto di mezzo» fa i conti Epifani. E invece occorre innalzare le pensioni più basse, rinnovare i contratti, superare il gradone che dal primo gennaio del 2008 farà fare un salto di ben tre anni al requisito dell’età per andare in pensione d’anzianità (da 57 a 60 anni). E poi gli ammortizzzatori sociali, gli investimenti nel Mezzogiorno e nell’università e nella scuola. «Non vorrei - insiste - arrivare a giugno e vedere che il tesoretto è già stato suddiviso senza che ce ne accorgessimo». Di qui l’invito a non farsi prendere dalla fretta, ad attendere i dati sulle entrate - che continuano ad andare a gonfie vele - di giugno. «Il governo valuti a giugno l’entità di questo tesoretto e verifichi quali sono le priorità. Quello che non viene coperto con il tesoretto andrà coperto con la legge Finanziaria» conclude il numero uno della Cgil. Rifondazione e i Comunisti italiani subito si schierano con lui. «È importante avviare in maniera programmata e seria una ridistribuzione delle risorse. Per noi si deve trattare di un intervento deciso e drastico di aumento dei salari, di intervento sulle pensioni basse, sulla precarietà e sui temi sociali a partire da quello della casa» commenta il segretario di Rifondazione comunista, Franco Giordano. «La questione centrale, su cui il governo deve assolutamente mettere mano, riguarda i salari» aggiunge Pino Sgobio, capogruppo del Pdci alla Camera. Ora bisognerà vedere che cosa ne pensano gli altri.


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