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Maria Chiara Carrozza, prima donna alla guida del Cnr: "La mia nomina un bel segnale per le ragazze, ma la parità è lontana"

La neo presidente del Centro nazionale delle ricerche: "Pronti con i nostri scienziati ad aiutare il governo nella svolta ecologico, partendo dal Sud"

24/04/2021
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la Repubblica

Luca Fraioli

"Chi meglio del Cnr può interpretare e coniugare insieme l'interesse pubblico e la competenza scientifica al servizio della transizione ecologica?". Maria Chiara Carrozza è da dieci giorni alla guida del Consiglio nazionale delle ricerche. Sta ancora imparando a conoscere il principale ente scientifico italiano, ma su un punto ha già delle certezze: "Mi candido a fare del Cnr un elemento centrale nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche se ancora siamo in attesa di sapere quali saranno i contenuti del Pnrr".

Ha sentito in questi giorni il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani?
"Per ora no, ma lo aspetto. Sono sicura che saprà riconoscere il nostro valore, basta che vada sulle banche dati delle nostre pubblicazioni scientifiche o dei nostri progetti e si accorgerà dell'enorme massa critica che noi abbiamo. Conosco benissimo Cingolani e lo stimo, non vedo l'ora di mettere in gioco il Cnr come supporto. È una ricchezza degli italiani, anche perché finanziato con le loro tasse".

Quale contributo può dare il Cnr?
"Ho incontrato i direttori dei dipartimenti e mi hanno raccontato quello che fanno sui temi ambientali: dalla scienza dell'ambiente, carotaggi dei ghiacci, allo studio dei fondali marini, alla chimica dei materiali. Mi sono quasi commossa a vedere la bellezza dei loro studi. Si può scegliere quali saranno gli interlocutori del governo per le sfide del futuro, ma lo si faccia andando a vedere le pubblicazioni scientifiche. Credo che il Cnr abbia tutte le carte in regola".

Vi occupate anche di informatica e telecomunicazioni. Contatti con il ministro dell'Innovazione tecnologica e della transizione digitale Vittorio Colao?
"No, ma aspetto anche lui".

Il Pnrr sarà anche l'occasione per investire i famosi 209 miliardi dell'Europa. Il fisico Ugo Amaldi ha promosso una campagna perché si cogliesse questa opportunità per colmare il gap tra i fondi alla ricerca pubblica italiana e quelli ben più alti di Paesi come Francia e Germania. Lei che ne pensa?
"Condivido quell'appello, tanto da averlo firmato".

Le ha una carriera universitaria, è stata rettrice della Scuola Sant'Anna di Pisa e ministro. Dunque non conosceva dall'interno il Cnr: cosa ha imparato in questi primi 10 giorni da presidente?
"Che si tratta di una struttura enorme, molto articolata e distribuita sul territorio. È un mondo ricco di competenze e di progetti, che non si sono fermati nemmeno con il lockdown. Però c'è una complessità amministrativa e gestionale che va affrontata".

A cosa si riferisce in particolare?
"Ci sono due esigenze in apparente conflitto: la necessaria libertà delle migliaia di ricercatori del Cnr sul territorio e il controllo gestionale esercitato dalla sede centrale. Va al più presto ritrovato un equilibrio tra queste due spinte".

Sta preparando una serie di visite alle sedi "periferiche" del Cnr. Da dove inizierà?
"Certamente dal Sud. Credo molto nella coesione territoriale come fondamentale per il nostro Paese: è importante dare subito un segnale di coesione, di voler tenere insieme i territori e le loro specificità. Ci sono tante cose belle che facciamo nei nostri laboratori del Sud e che non vengono comunicate. Ma vorrei che a parlarne fossero i veri protagonisti: i ricercatori del Cnr".

A proposito di ricercatori, c'è l'annosa questione del reclutamento. Tra sanatorie e concorsoni accusati di aver mortificato la meritocrazia. Un meccanismo da rivedere?
"È certamente un tema da affrontare, ma io non posso promulgare leggi. Ne dovrò quindi parlare con il ministro Messa e ci vorrà un confronto in Parlamento. Potremmo immaginare un meccanismo che somigli alla tenure track, con verifiche periodiche fino alla stabilizzazione. Ma queste valutazioni non possono essere attese per anni lasciando i ricercatori nell'incertezza. I meccanismi di verifica devono essere chiari fin dall'inizio. Nel frattempo i progetti del Cnr hanno bisogno di personale. In Italia di ricercatori non ce ne sono troppi ma troppo pochi".

Secondo lo European Research Council, che assegna i Grant Erc, i giovani ricercatori in Italia non avrebbero abbastanza autonomia creativa: insomma sarebbero troppo a lungo schiacciati dai "baroni". Che ne pensa?
"Da rettore ho adottato politiche che permettessero ai ricercatori della Scuola Sant'Anna di essere liberi e non necessariamente supervisionati, tutelati, tutorati da qualcuno sopra di loro. Non ho ancora la percezione di quanto il problema esista nel Cnr, ma questa è una delle cose che mi propongo di fare. Ma soprattutto voglio agire da scienziata e cioè misurare il fenomeno prima di arrivare a delle conclusioni. Anche al Cnr andranno implementati buoni comportamenti e regole da rispettare. Nel mio piccolo l'ho fatto e i miei ricercatori lo possono testimoniare".

Sulle pagine di Repubblica è nato un dibattito sul se e come premiare la ricerca di qualità. Lei cosa ne pensa?
"Non penso si debbano selezionare solo centri di eccellenza. Credo invece si debba fare in modo che migliori la qualità media di tutta la ricerca. Solo con un buon livello diffuso possiamo sperare che poi emergano le eccellenze, che certamente vanno premiate e incentivate. Il genio non nasce se intorno non c'è una buona scuola di base". 

E cosa risponde a chi ritiene obsoleta la struttura di un Cnr che fa un po' di tutto, dai beni culturali alla fisica della materia?
"Credo che sia importante l'aspetto generalista, perché rappresenta una ricchezza enorme. Per questo non frazionerei il Cnr. Per fronteggiare le trasformazioni che stiamo vivendo, la quarta rivoluzione industriale e l'era digitale, è necessario un approccio universalistico, dove può giocare un ruolo importante anche la cultura umanistica e non solo la scienza. Gli stessi Politecnici si stanno gradualmente aprendo alle scienze della vita e alle scienze umane".

Cristina Messa è ministro dell'Università e della Ricerca, Fabiola Gianotti è direttore generale del Cern, Samantha Cristoforetti è l'unica astronauta donna in attività dell'Esa, lei è presidente del più grande ente di ricerca italiano. Vorrà pur dire qualcosa?
"Significa che qualcosa sta cambiando ed è un messaggio importante per le ragazze, ma anche per i ragazzi, contro gli stereotipi. Io però sarò veramente felice quando nelle università italiane vedrò una situazione paritetica tra uomini e donne nelle cattedre da professore ordinario. Lì c'è ancora una grandissima disparità che mi preoccupa"

Le mancheranno i suoi robot nei prossimi 4 anni?
"Per me è il sacrificio più grosso. Avevo appena costituito un nuovo gruppo di ricerca su Intelligenza artificiale e robotica messe al servizio della disabilità e degli anziani. Ma sono sicura che faranno benissimo anche senza avermi al cento per cento".

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