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Manifesto: Welfare, la Cgil attacca il governo

Epifani: «Sulle pensioni il ddl non rispetta i patti» Prodi: «Risolveremo i punti in discussione»

14/10/2007
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il manifesto

Nel testo varato dai ministri, scompare il riferimento al 60%, come tasso di sostituzione per le pensioni dei giovani. E si alzano i contributi dei lavoratori
Sara Farolfi
«Un fulmine a ciel sereno». A festeggiamenti ancora in corso per il successo di consensi ottenuti nella consultazione di lavoratori e pensionati, è arrivato quello che più di un dirigente Cgil definisce un vero e proprio «blitz». Perchè il disegno di legge delega uscito dal consiglio dei ministri di venerdì (con l'approvazione di Mussi e Pecoraro Scanio e l'astensione di Ferrero e Bianchi), non contiene solo le modifiche sui lavori usuranti e sui contratti a termine, note peraltro a tutte le parti sociali, nonostante la levata di scudi di Confindustria e Cisl. Nella trascrittura degli accordi del 23 luglio, tra commi e codicilli, sono infatti spuntate altre modifiche. Non di poco conto per chi, come la Cgil, su quello stesso accordo ha messo in gioco buona parte degli equilibri presenti e futuri.
L'allarme lo lancia Epifani in persona, in un'intervista pubblicata oggi dal Sole 24 Ore, ma di cui il quotidiano di Confindustria ha ieri anticipato uno stralcio. «Nella parte sulla previdenza - attacca Epifani - il ddl sul protocollo non rispetta il testo originario: ne dovremo ridiscutere con il governo e le imprese».
Nel testo pronto per l'iter parlamentare, accusa il leader Cgil, «non ci sono tempi certi sulle finestre di anzianità e vecchiaia, e neppure sui lavori usuranti». Soprattutto, e sempre nella parte che riguarda la riforma delle pensioni, scompare il riferimento al 60% per il tasso di sostituzione, la garanzia cioè, per chi va in pensione con il sistema contributivo, che l'importo pensionistico sia pari al 60% dell'ultimo stipendio percepito. Una parte che, per la verità, anche nel testo originario somigliava più a un auspicio che a una norma, ma che i dirigenti Cgil, nelle assemblee davanti ai lavoratori, hanno portato come trofeo.
E se, in merito alla copertura finanziaria, il testo concordato con le parti sociali prevedeva che si arrivasse alla razionalizzazione degli enti previdenziali e poi, soltanto in caso di mancato obiettivo, che si procedesse ad un innalzamento degli oneri contributivi dei lavoratori, nella riscrittura si postula l'innalzamento dell'aliquota contributiva di 0,09 punti percentuali già partire dal 2011. «Spero sia solo il frutto di un'applicazione burocratica del testo dell'accordo - conclude Epifani - Ma ne dovremo riparlare».
C'è chi ipotizza si sia trattato di «un colpo di mano» dell'Economia, attraverso gli estensori del ddl. Quel che è certo è che in Cgil la cosa è piombata come un fulmine a ciel sereno. D'altra parte, proprio ieri, arrivavano le rassicurazioni del governo a Confindustria e Cisl, dopo la levata di scudi sulle modifiche apportate alla parte dei contratti a termine e l'eliminazione del tetto ai lavoratori «usurati» (prima contingentati in 5 mila).
In mattinata il sottosegretario Letta - seguito poi da Damiano - aveva annunciato la convocazione delle parti sociali. In serata, il commento di Prodi: «Abbiamo tradotto l'accordo in una proposta di legge - dice il premier - Se c'è qualche punto in discussione lo si risolve, ma ho letto tutti gli aspetti criticati e in un protocollo di ampiezza enorme, sono aspetti minoritari».
Ieri il vicepresidente di Confindustria, Bombassei, dichiarava al Sole 24 Ore che, soprattutto sui contratti a termine, «il testo varato dal consiglio dei ministri non corrisponde a quanto ci era stato detto. Non possiamo accettare cose che non abbiamo concordato». Difficile credere che Confindustria, e anche Cisl, nulla ne sapessero. Nel ddl la possibilità di reiterazione di questo tipo di contratto, dopo 36 mesi tra proroghe e rinnovi, viene ridotta ad un solo anno (mentre prima era, praticamente, all'infinito). Fermo restando comunque che la norma parla di rinnovi e proroghe per lo svolgimento di «mansioni equivalenti», per cui in linea teorica sarebbe possibile ad esempio, dopo due anni, cambiare la mansione e potere usufruire di altri 36 mesi più un anno. Contestualmente, il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato, per chi abbia lavorato per un periodo superiore a sei mesi, viene allargato anche alle assunzioni a tempo determinato. E questo, sa tanto di pressione confindustriale.


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