Manifesto: Università Usa, la corsa dei fondi
Crescono senza freni le donazioni private per i templi del sapere. Vengono da grandi testimonial, ma anche da centinaia di migliaia di ex-studenti. Alla corsa ai fondi partecipano tutti. Unica eccezione: Harvard
Claudio Mezzanzanica
Al termine del lungo inverno del Connecticut tutto era pronto per il via ai lavori di ristrutturazione dello stadio del football alla Yale University. Prima che la neve si sciogliesse un ex studente ha staccato un assegno da un milione di dollari destinato al rifacimento del campo e dell'impianto dove probabilmente ha giocato tra i 18 e i 22 anni. Progetto da rifare, perché i soldi adesso sono molti di più. Yale è una delle università che ha lanciato una gigantesca raccolta di fondi per rinnovare le strutture e per migliorare i servizi. Sono campagne di lungo periodo - dai 3 ai 5 anni - che permetteranno alle università di programmare non solo gli investimenti edilizi ma anche gli acquisti delle attrezzature di ricerca, la formazione degli insegnanti e, soprattutto, gli investimenti per selezionare gli studenti. Perché le università americane ormai hanno dei veri e propri dipartimenti che si preoccupano di trovare in giro per il mondo gli studenti migliori, allettandoli prima con ottime borse di studio e impiegandoli successivamente in vari programmi di ricerca senza alcun impegno nell'insegnamento.
E' il caso di Sergej. E' russo e viene da Astrakan. Fisico, una moglie e due figli, vive a Manhattan stipendiato dalla New York University. E' arrivato sette anni fa con una borsa di studio per una specializzazione, segnalato dal suo professore di Mosca a un collega di New York. La borsa di studio si è trasformata in un dottorato e ora Sergej vive in un meraviglioso appartamento dell'università a Soho e gira il mondo. Come lui sono molti, mi spiega, i russi che vivono nel blocco tra la Bleeker e Mercer, uno dei luoghi più frequentati dai turisti che vengono a New York. Questo è possibile anche perche l'università è il più grosso proprietario immobiliare di Manhattan.
La raccolta dei fondi da parte delle università, grandi e piccole, è una costante ed è un'attività che coinvolge costantemente una parte dei dipendenti; ma mai le cifre avevano raggiunto le dimensioni attuali. Ad aprire la strada a questa corsa, è stata la università di Washington State, l'università di Seattle, dove ha sede la Microsoft. Bill Gates è il presidente del comitato per la raccolta dei fondi. L'obiettivo era raccogliere 2 miliardi di dollari entro la fine del 2008, ma alla fine di maggio erano entrati già 1,9 miliardi. Un testimonial come il fondatore di Microsoft ha certamente aiutato molto, ma la cifra è stata raggiunta con la donazione di ben 226.000 cittadini un quarto dei quali ex studenti.
L'università dell'Illinois, che ha inaugurato la sua campagna la scorsa settimana, ha organizzato un suo staff di 200 persone per la raccolta, investendo diciotto milioni all'anno, ma può contare sul lavoro volontario di 750 persone tra ex studenti e cittadini di Chicago. Del resto per raccogliere due miliardi di dollari in 4 anni bisogna raccoglierne oltre un milione al giorno, cifra che richiede uno sforzo notevolissimo per cui bisogna avere le strutture necessarie. Come nel caso di Yale, i donatori possono vincolare i propri soldi ad un progetto o a un dipartimento. E' così che ogni dipartimento ha un proprio obiettivo.
A Seattle la cifra globale è stata raggiunta ma alcuni dipartimenti sono lontani dal loro budget, ed è anche per questo che la campagna verrà comunque chiusa tra un anno. Tra le università impegnate nella raccolta fondi molte sono statali, come nel caso di quella dell'Illinois. Senza la raccolta per loro si aprirebbe un declino inarrestabile. Ormai i fondi provenienti dallo stato sono una piccola percentuale (decrescente) del loro budget. Venti anni fa i fondi statali coprivano il 40% delle spese, oggi sono solo il 21% degli oltre tre miliardi che costituiscono il budget annuale della Università di Chicago.
A far da contrappeso alla diminuzione dei fondi statali è stato l'impegno di aziende e cittadini nei confronti della propria università. Questo attaccamento, che ha molte motivazioni, economiche e culturali, è ormai un dato consolidato nel costume americano e nella formazione della identità degli individui. Oggi pochi si identificano con il luogo di nascita, molti con l'università che hanno frequentato. Delle grandi università solo Harvard non ha lanciato una raccolta straordinaria di fondi. La più prestigiosa università americana che da poco ha insediato una donna nel ruolo di presidente, la prima in 371 anni, non ha particolari necessità. Ama definirsi come la piu grande organizzazione no profit al mondo dopo il Vaticano: il suo budget è valutato a quattro miliardi di dollari, ma le sue proprietà superano i cinquanta e le donazioni extra budget arrivano almeno a 2 miliardi.