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Manifesto: Università, interviene il garante degli scioperi

INDISPONIBILI 210 docenti di Torino incrociano le braccia

08/10/2010
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il manifesto

Roberto Ciccarelli
La commissione di garanzia sugli scioperi ha inviato mercoledì scorso a tutti i rettori delle università italiane un comunicato in cui chiede di sapere «quali attività i ricercatori si rifiutino di svolgere e se tale rifiuto consista nel manifestare preventiva indisponibilità all'assunzione degli incarichi di docenza». Con tono perentorio, la commissione che indaga sul diritto allo sciopero e le modalità delle sue applicazioni nei servizi pubblici essenziali, intende conoscere se il rifiuto di oltre 9 mila ricercatori ad insegnare nei corsi non obbligatori per legge (la 382 del 1980) possa essere assimilato ad «una mera astensione dall'attività didattica dopo avere espresso disponibilità a tenere i corsi». E poi il colpo finale, da considerare come un avvertimento ai professori ordinari e associati: «si chiede di sapere - scrive la commissione - se sono in corso agitazioni e/o astensioni dalla didattica e di conoscere con quali modalità siano proclamate e si svolgano».
La risposta a questo diktat inquietante, inedito nella forma e soprattutto per i destinatari ai quali si rivolge - professori, non tramvieri - è affermativa e siamo in grado di anticiparla. Ieri, per la prima volta nella storia dell'università italiana, 210 docenti ordinari e associati dell'università di Torino hanno annunciato l'intenzione di scioperare contro la riforma Gelmini dell'università. Le modalità con le quali avverrà lo sciopero sono altrettanto cristalline: i docenti invieranno una mail all'ufficio stipendi dell'ateneo dichiarando di astenersi dalla didattica. Per Alessandra Algostino, associata di diritto costituzionale comparato alla facoltà di scienze politiche di Torino, una delle promotrici dell'iniziativa, il documento è «un segnale molto importante della categoria che fino ad oggi è stata la più silente rispetto ad un attacco senza precedenti contro l'università pubblica».
L'inaudita informativa inviata nelle stesse ore in cui il governo ha promesso il passaggio di ruolo ad associato a 9 mila ricercatori non rappresenta soltanto una pesante interferenza nell'attività dei rettori, ma viene definita dalla professoressa Algostino «una richiesta di sorveglianza e di polizia». La vecchia logica alla quale si ispira questo comunicato ricorda tempi oscuri che tutti speravamo di avere dimenticato, ma che evidentemente l'agonia del governo Berlusconi non intende risparmiarci, è quella «della repressione del dissenso rispetto all'idea di un'altra università - continua Algostino - minando una serie di principi costituzionali come l'autonomia dell'università e quello della libertà della ricerca».
La commissione di garanzia ha ricevuto una durissima reazione della rete 29 aprile, il coordinamento nazionale dei ricercatori che si oppongono alla riforma Gelmini: «Ci dichiariamo indisponibili a svolgere compiti didattici non obbligatori e non previsti dalle mansioni definite dalla legge. Le conseguenze della nostra scelta ricadono unicamente sulle irresponsabili scelte attuate dai governi in materia di università e in gestioni spesso non oculate delle politiche di conduzione dei singoli atenei».
«È singolare - osserva Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil - che proprio durante la massima pressione da parte di Confindustria, governo e parte dei rettori per una rapida approvazione del Ddl arrivi questa missiva. Questo è l'ennesimo atto intimidatorio. Per questa ragione auspico la piena riuscita della manifestazione del 14 ottobre. Vanno rispediti al mittente i tentativi di bloccare la protesta».


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