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Manifesto-Una generazione usa e getta

Tra precari e intermittenti, storie di «invisibili» in corteo

17/03/2006
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il manifesto

Una generazione usa e getta
Tra precari e intermittenti, storie di «invisibili» in corteo
ANTONIO SCIOTTO
INVIATO A PARIGI
Cpe, il nuovo contratto per gli under 26 con due interpretazioni. Quella del governo Villepin, che lo traduce «contrat premiere embauche» («di prima assunzione»): due anni in cui l'impresa ti può licenziare senza giusta causa. E quella, decisamente più simpatica, degli studenti e dei giovani precari: «contrat poubelle ebauche», ovvero «contratto di assunzione spazzatura». Un lavoro bidone, precarizzato ed esposto al continuo ricatto. Il battesimo della pattumiera è stato ufficializzato alla grande manifestazione che ieri ha attraversato Parigi. Tantissimi liceali e universitari sotto i 26 anni, ma anche adulti che hanno portato la loro solidarietà: «Perché la precarietà è un problema che tocca tutti»; «questi sono i nostri figli», «vogliono abbattere le garanzie dei lavoratori, e cominciano da loro». «Solidarité» è la parola più ricorrente negli slogan e sui cartelli: «Insieme in piazza, da soli siamo fragili». Con Baptiste, Sabine e Julianne abbiamo fatto il viaggio dalla sede del Coordinamento intermittenti e precari fino a Place d'Italie, punto d'incontro dei manifestanti: in macchina volantini, bandiere, striscioni. E una torta al cioccolato, già tagliata a quadretti: Baptiste compie 31 anni, è un montatore video. In piena generazione «jetable», usa e getta la chiamano a Parigi: un contratto di tre mesi, un altro di due, poi qualche mese di vuoto. Per fortuna c'è il sussidio di disoccupazione. «Ma vogliono ridurre pure quello - spiegano i ragazzi mentre ci muoviamo lentamente nel traffico cittadino - Nel 2003 hanno riformato i sussidi, proporzionandoli al lavoro che hai fatto nell'anno precedente: così prendono molto quelli che hanno guadagnato tanto, mentre i precari di serie B spariscono, ottengono a stento il minimo legale». «Sparizione» e «invisibilità» sono parole che nel corteo incontriamo spesso. Le mascherine bianche coprono il viso degli stagisti, ragazzi e ragazze sui 20 anni, ancora più precari e inesistenti degli intermittenti dello spettacolo: questi ultimi, perlomeno, sono nel «giro», vengono chiamati ogni volta che c'è lavoro. Valerie, 22 anni, spiega invece che il meccanismo dello stage è ancora più crudele: lavori gratis per qualche mese per un grosso nome, magari una multinazionale, e poi finisci nel dimenticatoio, nessuno ti chiama più. Anche tu nella poubelle degli invisibili.

«Col Cpe ci possono ricattare e dobbiamo obbedire a qualsiasi ordine: chi ha il coraggio di rispondere di no al padrone se sa di poter essere licenziato? - si chiede Baptiste - Tolgono garanzie non solo al lavoro a tempo indeterminato, ma persino a quello a termine, perché il principio della licenziabilità ti fa vivere in un'ansia continua». «Per me è precario anche chi lavora a tempo indeterminato - aggiunge Sabine - Penso ai miei amici che lavorano nella ristorazione, in catene come McDonald's: un part-time di poche ore a settimana, ma l'azienda cambia a piacere i turni, disponendo del tuo tempo come vuole». Sembra di sentire gli italiani vittime del pacchetto Treu e della legge 30: «Come facciamo a costruirci un futuro?»; «le banche, con questo contratto, non ci fanno credito». Perlomeno in Francia hanno inserito il cosiddetto «premio di precarietà»: pagano il 10% in più i contrattisti a termine, monetizzando in qualche modo la flessibilità. Un paletto importante (se solo si pensa che in Italia precari come i cococò costano addirittura la metà dei dipendenti), ma che non elimina il problema.

Ma soprattutto i ragazzi hanno capito che il governo vuole aggiungere un altro pezzo alla destrutturazione del lavoro, dopo il Cne («contrat nouvelles embauches», delle nuove assunzioni) approvato l'anno scorso in piena estate, tanto per ridurre al minimo le contestazioni: prevede anch'esso due anni a licenziamento libero, si applica alle aziende sotto i 20 dipendenti. Daniel Duclos, professore in un liceo parigino, ha 50 anni ed è iscritto alla Cgt: ci spiega che il governo e gli industriali vogliono arrivare a un «contratto unico», che preveda la possibilità di licenziamento per tutti i lavoratori, senza più distinzione di età e di dimensioni di impresa. «D'altra parte - continua - ormai i contratti intermittenti riguardano il 16% del lavoro pubblico e il 12% del privato: io ho fatto 13 anni di precariato a scuola, e ricordo che allora i tempi indeterminati ci sostenevano. Io voglio fare lo stesso con i precari di oggi: devono sentire che siamo con loro».


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