Manifesto: Un taglio epocale per l'istruzione pubblica
Da settembre inizia il disastro più volte annunciato
Giuseppe Caliceti
Benvenuti nell'epoca dell'ignoranza. Una buona madre di famiglia, di fronte a una crisi economica, dove taglia? Naturale: dai suoi figli più piccoli. Vi pare assurdo? No, almeno per Gelmini. Il ministro ha infatti diffuso i numeri dei posti di lavoro soppressi nella scuola a partire dal prossimo anno scolastico. Da settembre inizia il disastro più volte annunciato. A poco sono servite le proteste: il governo è andato avanti tranquillo per la sua strada brandendo la mannaia. Al sud spariranno due posti su tre. La scuola ex media avrà 15.541 docenti in meno, pari al 10%. Complessivamente salteranno circa 40.000 cattedre. Si tratta del più grande licenziamento di massa della storia della nostra Repubblica. E, secondo il progetto di Tremonti-Gelmini-Brunetta, rappresenterebbe solo l'inizio della "razionalizzazione" triennale nel mondo della scuola. Se la scuola pubblica italiana fosse un'azienda privata, si chiederebbe aiuto dello Stato. Ma purtroppo (o per fortuna) in Italia c'è anche la scuola pubblica. Ed è lo Stato stesso che decide di risparmiarci sopra.
Risparmiare sulla pelle dei più piccoli, dei ragazzi. Risparmiare sulla formazione, sulla conoscenza, sulla ricerca, sul sapere. Per i precari e i licenziati della scuola non è prevista neppure una forma di cassa integrazione. Semplicemente, se prima c'erano, adesso non ci sono più spariscono, via, devono trovarsi un altro lavoro. Il taglio all'organico nella primaria, che incide per quasi un terzo del taglio complessivo, colpirà soprattutto il cosiddetto tempo normale: le 24, 27 e 30 ore settimanali. Il tempo pieno di 40 ore viene (per ora) risparmiato; anche perché a sua difesa si sono creati in tutta Italia tantissimi coordinamenti di genitori-docenti che, evidentemente, qualcosa forse hanno ottenuto. E questo, in risposta ai tanti che, nella scuola, sono ormai così rassegnati da pensare che protestare o scioperare non serve più a nulla.
Ma dove le lezioni pomeridiane alle elementari non ci sono mai state (8% al Nord, 36% al Sud) arriva più violenta la mannaia. Con tanti saluti a tutte le famose e fumose questioni meridionali. Gli addetti ai lavori sapevano già che le classi di scuola elementare a tempo pieno al sud sono soltanto otto su 100 mentre al Nord sono il 36 per cento. Il taglio più consistente sulla scuola secondaria di primo grado (l'ex scuola media) che, per effetto del calo delle ore di lezione. Una vera e propria decimazione: svaniranno 15.541 cattedre, una su dieci. I più malconci? I prof di italiano e tecnologia. E se tutto tace, a settembre Gelmini e Tremonti continueranno a demolire la scuola pubblica italiana occupandosi delle scuole superiori. Se educare costa troppo, Gelmini ha deciso di provare con l'ignoranza.