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Manifesto-Un paese senza lettere

Un paese senza lettere 22 milioni e mezzo di "semianalfabeti", è la fotografia sconfortante dell'Italia nell'indagine sull'"educazione permenente". Certo, pesa la storia di una popolazione molto "a...

23/01/2004
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il manifesto

Un paese senza lettere
22 milioni e mezzo di "semianalfabeti", è la fotografia sconfortante dell'Italia nell'indagine sull'"educazione permenente". Certo, pesa la storia di una popolazione molto "anziana", del dualismo Nord-Sud. Ma anche gli ultimi posti a livello internazionale della nostra spesa in ricerca e istruzione
CARLA CASALINI
Siamo 22 milioni e mezzo di analfabeti, semianalfabeti, con al massimo la licenza elementare, e non ci può piacere: su 57 milioni e mezzo di italiani vuol dire il 39,2 per cento, e ad aggiungervi i 16 milioni e mezzo con licenza di scuola media inferiore si arriva al "70% cento di nostri concittadini a bassa scolarità" - scandisce il prof. Saverio Avveduto che ieri ha inanellato i "numeri parlanti" di un'indagine appena conclusa, su invito dello Spi-Cgil. Certo, siamo una popolazione che vive molto a lungo, e sono tra noi vecchi padri e madri di tre se non quattro generazioni fa, un tempo in cui accedere anche agli studi primari non era impresa semplice. Nella discussione di ieri, tra l'altro, si è anche sottolineato il "grande balzo" compiuto, notando che il 39,2% di "semi-analfabeti" di oggi, era il 60% nel 1955. Il punto di interesse per il sindacato dei pensionati della Cgil - attento alla dimensione culturale dell'esperienza personale e collettiva - è l'educazione permanente, obiettivo per altro dell'Unla-Ucsa, l'Unione per la lotta all'analfabetismo e Università di Castel S. Angelo, presieduta da Avveduto, che ieri lo Spi ha invitato a discutere con il pro-rettore della Spaienza Gianni Orlandi, i prof. Mario Morcellini e Tullio De Mauro, per lo Spi il segretario Ettore Combattente e Ubaldo Radicioni, per la Cgil-scuola Gabriella Giorgetti. Il fuoco è dunque sulle "possibilità di cultura per gli anziani", ma anche sugli scricchiolii attuali in Italia per tutti, sia nella spesa per la ricerca, che nel numero di ricercatori, che nelle punte, pur altissime, delle poche università "eccellenti".

"Volar sanz'ali" (da un emistichio della Divina commedia) è il titolo scelto per la ricerca sui sistemi educativi "dell'Italia e dei paesi avanzati": un'immagine sintetica e concreta di un progredire che c'è stato, e forte, ma "volando" a sbalzi, come calabrone, e per di più sbilanciato da "un'ala ipertrofica" e l'altra fortemente impedita. Un disequilibrio storico e che si perpetua nel dualismo Nord-Sud e "nelle fasce d'età degli scolarizzati". Insomma, "un paese energico ma provvisorio e in affanno".

I dati di contesto, registrati dall'Ocse, pongono l'Italia al quart'ultimo posto nella spesa per la ricerca in percentuale al Pil; all'ultimo posto per numero di ricercatori; percentuale bassa anche per la spesa in istruzione, che vede l'Italia (4,9%) insieme lla Spagna, e ai primi posti Usa (7,1% del Pil) ma anche paesi minori come la Corea (7%) molto impegnati nell'"invetimento educativo". Nota Tullio De Mauro: "anche il Leshoto, la Nigeria, la Tunisia investono più di noi in istruzione". Nel 2003 c'è anche quel sest'ultimo posto dell'Italia per il "deposito" di conoscenze medie - istruzione medio-superiore - della popolazione fra i 25 e i 54 anni, mentre di nuovo svetta in classifica la Corea. E qui siamo ai "numeri parlanti" italiani.

Del 39,2% di persone con licenza elementare o nessun titolo, nel 2002 il Nordovest ne colleziona il 36,9%, il Nordest è peggiore, al 39%, il mezzogiorno raggiunge il 41,8%. Si registra l'eterno dualismo, ma i dati mostrano anche la struttura a piramide acuta con base molto ampia, dell'istruzione in Italia. Un esempio, nel sud, l'offre ad esempio la Calabria, agli ultimi posti, col 43,4% di "semi-analfabeti", e insieme con un tasso di laureati che sale al 5,1%, più del Veneto, quasi pari al Piemonte. Nel complesso, per le punte alte, (dottorati, lauree e lauree brevi), si conferma il 6,2% nel Nordovest, mentre il Nordest scende al 5,7%, il Centro risale al 6,8%, il Sud cala al 4,9%. Per registrare ancora un dato di raffronto internazionale, c'è da dire che la produzione scientifica italiana è tra le migliori nelle punte alte (le poche università e centri di "eccellenza") : ma su 88 settori scientifici siamo oltre la media solo in 8, per il resto in coda: la ricerca educativa è all'87° posto.

Troppo pessimista, la ricerca di Avveduto, contesta nella discussione Mario Morcellini, che fa presente, tra l'altro, che titoli di studio - ormai considerati obsoleti dopo 5 anni - non registrano il reale livello di saperi. E aggiunge che nell'ultimo decennio "gli indicatori su cultura, sapere, sono tutti positivi". C'è, per esempio, un'inversione di tendenza per la Tv, che sta lasciando discretamente più liberi gli italiani nel loro tempo e priorità: con aumento di preferenze per teatro, musei, cinema e musica. Senza parlare di Internet. Solo il 2201 ci ha fatti riprecipitare davanti alla tv: guerra e terrorismo inducono la paura che "ci fa ritornare da mamma tv". Per i "pensionati" è la comunicazione "la via per arrivare alla cultura". Dei giovani, soprattutto delle ragazze, sappiamo dalle ultime inchieste che accumulano saperi.

Ma Tullio De Mauro ricorda i programmi (di Berlinguer), e i centri pubblici di educazione permanente aperti in Italia al tempo dei governi dell'Ulivo, "strappando le risorse necessarie, seppur magre, che oggi sono state tagliate, lasciando languire i centri. Quanto all'"ottimismo", De Mauro condivide, ma con cautela: perché un'indagine europea, non più sui titoli di studio ma sui saperi effettivi - leggere frasi, compiere operazioni aritmetiche - vede il 5% degli italiani analfabeti, e il 33% semianalfabeti: "vuol dire difficoltà di fronte a una pagina scritta, a un web di internet". Per come orientare l'agire, soccorrono altre ricerche, indicando l'elasticità di recupero dei nostri "strumenti di intelligenza". Bastano 6 mesi, segnala De Mauro, "facendo una cosa nuova, manuale o no" per recuperare "anche gli strumenti alfabetici primari, oltre a nuovi stimoli intelligenti".

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