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Manifesto-Un anno con la riforma tra i banchi

Un anno con la riforma tra i banchi Roma, viaggio in una delle elementari che ha sperimentato la legge delega. Per finta Prova virtuale Con la sperimentazione si voleva dimostrare la praticabilit?...

02/03/2004
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il manifesto

Un anno con la riforma tra i banchi
Roma, viaggio in una delle elementari che ha sperimentato la legge delega. Per finta
Prova virtuale Con la sperimentazione si voleva dimostrare la praticabilità della riforma. Ma il risultato è stato deludente, nonostante i "trucchi"
CINZIA GUBBINI
ROMA
La scuola elementare di via dell'Elettronica, a Roma, è uno dei circa 200 istituti italiani che, quando il ministro Moratti propose di sperimentare la sua riforma, scelse di accettare. Oddio, non è andata proprio liscia, spiega il preside Francesco Cataldi: "Il consiglio di istituto ne ha discusso tantissimo, è stata una decisione difficile". Ciò che ha spinto alla fine a provarci "è stato il fatto che si poteva scegliere cosa sperimentare, altrimenti non sarebbero stati tutti d'accordo", ma soprattutto "l'illusione di avere finanziamenti in più", che poi purtroppo "non sono stati eccezionali". Ma, insomma, a un anno di distanza come è andata? "Può darsi che ci saranno aspetti negativi e positivi", risponde con diplomazia il preside. In realtà, quella proposta dal ministero è stata una finta sperimentazione, dal momento che le scuole target potevano tranquillamente decidere cosa applicare e cosa no. Per esempio, nella scuola di via dell'Elettronica hanno provato con l'anticipo scolastico (che in via di sperimentazione era permesso solo per chi compiva tre e sei anni entro il 18 febbraio, data posticipata dalla riforma vera e propria al 30 aprile) esclusivamente alle elementari. "Alla scuola dell'infanzia no, perché altrimenti in troppi non sarebbero stati d'accordo". Questa storia dell'anticipo scolastico, però, al preside piace: "Perché tanto, le scuole private barano e prendono i bambini anche prima del compimento del sesto anno d'età". Elemento che sottrae scolari, e quindi utenti, alla scuola pubblica che oggi come oggi, si sa, deve essere efficiente o rischia seri tagli. Tuttavia l'espediente dell'anticipo, a via dell'Elettronica, non ha dato i risultati sperati: "L'anno scorso hanno risposto all'appello solo sette bambini, ce ne aspettavamo qualcuno di più...", ammette il preside.

Ma veniamo alle altre parti della riforma sperimentate: l'inglese e l'informatica per tutti e cinque gli anni. L'inglese nelle prime classi, per la verità, lo facevano anche prima. Tuttavia, con la sperimentazione, è diventato un progetto più ragionato. E alla fine la ragione ha spinto a questa decisione: l'inglese e l'informatica non devono essere materie curricolari, quanto piuttosto "trasversali all'insegnamento", anzi, in gergo ormai si dice "spalmate". Nel caso dell'informatica il discorso è chiaro: "L'informatica è uno strumento, io con i mezzi dell'elettronica faccio italiano, matematica, scienze, questo è il concetto", spiega il preside. Con l'inglese, un po' meno: "L'inglese va inserito nella fascia delle materie umanistiche, nelle ore di italiano, storia, geografia. Per esempio, quando si spiega la geografia dell'Inghilterra, allora si insegna anche l'inglese". L'idea, infatti, non è quella di assumere nuovi insegnanti di inglese e informatica (quando mai) quanto piuttosto andare verso "una formazione di tutti i docenti". Per inciso si ricorda che il primo decreto attuativo della riforma prevede pochissimo per la formazione degli insegnanti (circa 500 euro a persona), questione che aveva fatto storcere il naso alle Commissioni bilancio perché è come voler fare le nozze coi fichi secchi. Un bel problema perché, come spiega il preside: "è un po' difficile trovare insegnanti che se la cavano con l'informatica". Nei corsi ministeriali per gli insegnanti in odor di sperimentazione è stato insegnato, ad esempio "a navigare in internet e scaricare materiali".

Dicevamo che la questione dell'inglese "spalmato" durante le ore delle altre materie non si capisce bene. Perché la domanda di base è, ma la riforma comporta una riduzione di orario o no? Anche questo aspetto non può essere verificato dalla sperimentazione, poiché l'inserimento delle ore di inglese e informatica nelle 27 ore, invece che nelle 30 attuali, chiaramente non è sperimentato: "Noi siamo rimasti a 30 ore e questo chiaramente ci ha avvantaggiato" spiega ancora Cataldi, secondo cui, comunque "una riduzione di orario c'è". Di avviso opposto Costanza Cipullo, insegnante promossa sul campo coordinatrice della sperimentazione e docente tutor: "L'idea è formare tutti i docenti in inglese e informatica". Cipullo è profondamente convinta che "bisogna formare gli insegnanti dando il maggior numero di competenze", basta con "le settorialità". D'accordo anche con il tutor "che è quello che dà uno stile, importante per non confondere i bambini".

Nella scuola non c'è stata ridda per accaparrarsi il posto da tutor: "Lo volevano fare in pochi, e d'altronde non erano in molti quelli che lo potevano fare, visto che il tutor deve essere un insegnante di ruolo". Figura sempre più rara nelle scuole. Ma Cipullo, dopo un anno di sperimentazione, mette i puntini sulle "i": "Se si chiede, si deve anche dare. Un meccanismo di questo tipo prevede più ore di lavoro, che va giustamente retribuito".


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