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Manifesto-Tutti in piazza contro Moratti

Tutti in piazza contro Moratti Ha scioperato ieri più dell'ottanta per cento del personale delle università italiane. Sfilano in diecimila a Roma contro le riforme del centrodestra. Tutti insieme: ...

24/04/2004
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il manifesto

Tutti in piazza contro Moratti
Ha scioperato ieri più dell'ottanta per cento del personale delle università italiane. Sfilano in diecimila a Roma contro le riforme del centrodestra. Tutti insieme: sindacati, docenti, ricercatori precari e non, dottorandi, borsisti e soprattutto tanti studenti. Che minacciano: se il governo non ritira il suo disegno di legge la protesta non si fermerà
MATTEO BARTOCCI
ROMA
Blocco totale delle università italiane. Una situazione di cui il governo dovrebbe prendere atto e smettere di giocare su più tavoli, aprendo un confronto pubblico, vero e trasparente sui mali della ricerca e degli atenei. Lo sciopero di ieri è stato un successo a tutto tondo: secondo i sindacati le adesioni hanno superato l'80% e oltre diecimila persone, ricercatori, studenti, docenti sono scese in piazza a Roma da tutta Italia contro la ministra Moratti. Il corteo, arrivato fin sotto le finestre del ministero, è partito al suono della musica classica sparata dagli altoparlanti di un pulmino. Insieme agli atenei hanno sfilato i Conservatori e le accademie, gli scienziati dei centri di ricerca pubblici, migliaia di studenti. Un corteo allegro, inedito per la varietà dei soggetti coinvolti, dai capelli rasta dei più giovani ai tecnici di laboratorio in maniche di camicia.

Dal palco parla Enrico Panini, segretario del nuovo sindacato Cgil che rappresenta il mondo della conoscenza (Flc): "Moratti deve rassegnarsi a fare i conti con una crescente opposizione nel mondo della ricerca e dell'università. O il governo ne trarrà le conseguenze, anche a partire dal prossimo Dpef, o la nostra iniziativa proseguirà".

Dopo il corteo una delegazione di manifestanti si è incontrata con i dirigenti del Miur, ma secondo i sindacati le risposte ricevute "oscillano tra lo stupefacente e il provocatorio, in una difesa a oltranza dei provvedimenti adottati". In un comunicato unitario, tutte le organizzazioni sindacali (Cgil Snur, Cisl università, Cisl Fir, Uil Pa-Ur, Adu, Andu, Cnu, Snals università) parlano di "rifiuto aprioristico di prendere nota dell'esistenza dei problemi" e di "rimpallo delle responsabilità dal ministero alla Conferenza dei rettori, che certamente di responsabilità ne ha, ma che non sollevano il Miur dalla propria funzione". In serata il ministro ha ribadito che la riforma dello stato giuridico dei docenti è "un testo aperto al contributo di tutti", ma finora non c'è stata una sola occasione perché alle parole siano seguiti fatti.

Confusi nel corteo anche alcuni parlamentari. Titti De Simone (Prc): "Dopo le sconcertanti parole del ministro Moratti il relatore della legge Mario Pepe dovrebbe dimettersi, non è più possibile andare avanti senza un progetto preciso, il parlamento non può essere preso in giro ulteriormente". Alba Sasso (Ds): "Dopo il successo della giornata di sciopero, il ministro non può più continuare a confrontarsi solo con alcuni interlocutori". Chiaro il riferimento ai rettori, unici a insistere nel dialogo con il ministro. Sconosciuti i termini dei colloqui, opaca la trattativa, fallimentare il confronto con i soggetti che quei rettori (peraltro in scadenza) rappresentano.

Anche in parlamento è buio fitto sulle intenzioni del governo. La commissione cultura della camera ha ricevuto i rappresentanti dei sindacati maggiori per le audizioni informali sullo stato giuridico dei docenti universitari e non ha potuto che prendere atto che la contrarietà al ddl Moratti è totale. L'opposizione è così ampia che per la prima volta il relatore del provvedimento, il forzista Mario Pepe, ha aperto uno spiraglio sulla possibilità di non cancellare del tutto i ricercatori e inserirli in una terza fascia della docenza.

Ma perfino Pepe non sa più che fare. La ministra Moratti applica alla riforma degli atenei lo stesso metodo utilizzato per la scuola. Moltiplicare i "tavoli tecnici" in modo che si arrivi a non capire più quale sia il progetto del governo, per poi eventualmente presentarlo all'improvviso. Il ministero dell'Istruzione sta ancora trattando con due soggetti in appositi "tavoli tecnici" (i docenti del Cun e i rettori della Crui), con il risultato paradossale che i parlamentari rischiano di discutere provvedimenti già superati dalla trattativa portata avanti in privato.

Dalle ultime mobilitazioni emergono alcuni punti chiari. Il primo, che rappresenta una novità assoluta, è che tutti i soggetti che vivono nelle università sono contrari a questa riforma dello stato giuridico. Non per questo però si vuole mantenere lo status quo. Quel che è certo è che gli atenei non si possono riformare a partire dalle condizioni dei docenti. Il governo dovrebbe fare una verifica delle riforme degli anni passati e intervenire dove necessario. Secondo aspetto: la questione del precariato ha assunto dimensioni drammatiche. E non è credibile che il ministero e i rettori facciano finta di non vederlo. I dottorandi e i giovani ricercatori non hanno futuro. La prima cosa da fare quindi sarebbe pensare a un reclutamento che premi i giovani. Il precariato a vita, come previsto dalla legge Moratti, non è la soluzione. Sullo sfondo un primo risultato c'è: il governo ha sbloccato la trattativa per il contratto del personale tecnico-amministrativo. E' scaduto da tre anni.


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